CATANIA – Il vizio del gioco, l’accumulo di debiti e la ricerca di denaro in ogni dove avrebbero spinto una delle vittime dell’usura a Catania, a rivolgersi a soggetti che le avrebbero prestato danaro a strozzo, ovvero con un elevato tasso usurario. Pressioni continue – in alcuni casi materializzatesi in minacce ed appostamenti sotto casa – esercitate per adempiere ai debiti forzosamente contratti, costringendola a chiedere supporto ad un amico che le avrebbe prestato il denaro, mai restituito. L’uomo in questione – che non era a conoscenza dei fatti – ha così deciso di sporgere denuncia nei confronti della donna, anch’essa vittima di usura. Così ha preso vita l’operazione di oggi a Catania, denominata “Sotto Traccia“, le cui indagini si sono svolte da luglio 2020 a gennaio 2021.
Le investigazioni, supportate da operazioni di intercettazione, hanno consentito di riscontrare la fondatezza delle rivelazioni della persona offesa, nonché di portare alla luce un sommerso e parassitario sistema di prestiti illeciti che coinvolgeva soggetti ulteriori rispetto a quelli indicati dalla vittima e tradizionalmente dediti a questo genere di attività delittuosa.
In tal modo, nel prosieguo delle indagini, sono state raccolte le dichiarazioni delle altre persone offese, via via identificate, le quali, in alcuni casi, confermavano quanto emerso dalle indagini, fornendo indicazioni precise in ordine all’ammontare del prestito richiesto e accordato, delle rate, settimanalmente o mensilmente, versate e del termine entro il quale la restituzione sarebbe dovuta avvenire.
Sulla scorta delle informazioni acquisite dalle vittime, si è accertato che, mediamente, i piccoli prestiti si
aggiravano su importi variabili tra i 1.000 ed i 2.000 euro e che i tassi usurari applicati, talvolta,
potevano arrivare a sfiorare anche il 490% annuo.
Le dichiarazioni delle persone offese, una ventina circa, che si sono determinate a collaborare con gli inquirenti, denunciando le condotte criminose di cui erano vittime, hanno rappresentato una delle principali fonti di prova a supporto dell’intero impianto accusatorio posto a fondamento della misura cautelare. In altri casi, nonostante l’evidenza della prova, subendo il timore di possibili ritorsioni o credendo che coloro che avevano erogato il credito fossero benefattori, hanno preferito tacere o dire il falso, limitandosi ad ammettere prestiti di denaro senza la corresponsione di alcun interesse.
L’atteggiamento ha confermato la natura del reato di usura quale “fenomeno sommerso” in cui le vittime, trovandosi in uno stato di dipendenza, non solo economica ma anche psicologica, manifestano reticenza nell’affermare la verità dei fatti.
A riscontro delle risultanze d’indagine, son state eseguite perquisizioni nei confronti di alcuni degli indagati che hanno permesso di rafforzare il compendio investigativo e così di porre sotto sequestro materiale probatorio costituito da denaro liquido, libri contabili e da vari titoli di credito idonei a delineare l’entità dell’attività di usura.
Il Giudice per le Indagini Preliminari, su richiesta del pubblico ministero titolare del relativo fascicolo d’indagine, ha quindi disposto per tutti, ad eccezione dell’indagata Giuseppina Bergamo, destinataria della misura degli arresti domiciliari, l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, misure poi eseguite, nel corso della mattinata del 16 maggio, con il trasferimento nel carcere locale, dalla Squadra Mobile e dalla sezione della Polizia giudiziaria, coadiuvati dal Reparto Prevenzione Crimine della Sicilia Orientale, qui specificamente inviato a supporto dalla Direzione Centrale Anticrimine e dal Servizio Centrale Operativo, nonché da personale della locale Questura e da operatori specializzati di Polizia Scientifica.
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