Tre catanesi nel terremoto giudiziario che ha scosso il Parma Calcio

Il capitano del Parma Calcio, Alessandro Lucarelli, e non solo lui, aveva già sentito puzza di bruciato quando, l’ormai ex-presidente della squadra, Giampietro Manenti, l’aveva rilevata con fondi di provenienza sconosciuta. 

Sconosciuta fino a quando l’ex patron giallo-blu ha dovuto porgere i polsi alla guardia di finanza. I fondi, secondo i risvolti delle indagini del filone investigativo “Oculus”, sarebbero infatti tutt’altro che puliti. Oltre a Manenti, le manette sono scattate anche per altre 21 persone, tra cui i 3 catanesi Gianluca Cirnigliaro, Giuseppe Triglio e Giuseppe Costanzo.

Molteplici e pesanti le accuse: reati di peculato, associazione a delinquere, frode informatica, utilizzo di carte di pagamento clonate, riciclaggio e, per la prima volta dal suo ingresso nel panorama giuridico, auto riciclaggio aggravato dal metodo mafioso.

Un’operazione, quella messa in atto dalla procura di Roma, che scaturisce dalle lunghe e complesse indagini della polizia tributaria capitolina, articolate in due diversi filoni investigativi.

Il primo filone, denominato “GFB”, aveva lo scopo di chiarire la gestione di un fondo di oltre 24 milioni di euro stanziato dal ministero dell’Economia e delle Finanze per la liquidazione coatta amministrativa di una gestione fuori bilancio denominata “Particolari e straordinarie esigenze anche di ordine pubblico della Città di Palermo”,istituita nel 1988 per realizzare alcune urgenti opere di urbanizzazione in Sicilia, a cui vanno aggiunti ben 6 milioni di euro accreditati a società collegate al funzionario in servizio presso la ragioneria generale dello Stato, Maurizio Persico, e al fratello Gianfranco Persico, consulente finanziario.

Un proficuo tesoretto illecito al quale si è potuti arrivare anche “grazie” all’inattività del comitato di sorveglianza, di cui faceva parte anche Domenico Mastroianni, ispettore generale capo di finanza della ragioneria dello Stato, oggi in pensione, che avrebbe dovuto vigilare sulla liquidazione coatta amministrativa della “gestione fuori bilancio”.

Il secondo filone investigativo, denominato appunto “Oculus”, messo in atto in seguito alle indagini sulla gestione fuori bilanci, ha permesso di sgominare una pericolosa banda criminale internazionale, rea di frodi informatiche, utilizzo di carte di credito clonate, reimpiego di capitali di provenienza illecita, riciclaggio e auto riciclaggio. Un’associazione articolata in due gruppi distinti per competenze tecniche.

Un primo “reparto” dedito alle attività di hackeraggio, come l’accedere a server di istituti di credito ed acquisire illecitamente capitali sotto forma di “moneta elettronica”, composto da tre italiani, Cirnigliaro, Costano e il romano Rodolfo Cernuto, e dal rumeno Constantin Marius Boveanu.

Il secondo “reparto”, composto da Triglio, dal calabrese Paolo Ranieri, dal milanese Angelo Dionigi Augelli e dai torinesi Adelio Zangrandi, Roberto Lorenzato e Massimo Carpignano, invece era impegnato nelle operazioni finanziarie, con il compito di inviare il denaro illecitamente acquisito su conti intestati a fondazioni-enti di beneficienza a titolo di apparente donazione anonima, scaricandolo poi sulle carte di credito clonate mediante l’utilizzo di appositi apparecchi Pos collegati a posizioni bancarie riconducibili alle fondazioni. Per quanto riguarda, invece, le somme acquisite mediante intrusione nei server di istituti di credito, queste venivano direttamente trasferite sui conti correnti della fondazione per cui l’organizzazione aveva la disponibilità.

Svolti questi due passaggi, l’organizzazione criminale ultimava le proprie operazioni restituendo le somme inviate, secondo modalità prefissate come il trattenimento di una parte dei capitali donati da parte della fondazione ricevente, la remunerazione, in termini percentuali rispetto ai capitali inviati, della componente finanziaria e degli altri membri dell’organizzazione intervenuti e la retrocessione della residua parte del denaro al gruppo degli hacker. 

Un grandissimo colpo, quindi, quello messo a segno dalle forze dell’ordine, sempre più specializzate nell’individuare le bande criminali informatiche.