Casesa: la carriera criminale del boss mafioso tra estorsioni ed arresti

Casesa: la carriera criminale del boss mafioso tra estorsioni ed arresti

CATANIA – Duro colpo stamattina per i Santapaola – Ercolano, colpito il boss mafioso Mirko Pompeo Casesa. Ma cerchiamo di capire chi è Casesa, dai primi crimini, fino al suo arresto.

Nell’ottobre del 2000, ancora minorenne, Casesa partecipa a una rapina ai danni dell’istituto di Credito di Zafferana Etne e, dopo essersi fatto conoscere dalle più importanti compagini mafiose, decide di aderire al potente clan “Santapaola – Ercolano”, nel “Gruppo di Mascalucia”, andando incontro a una sequela di arresti e successive condanne a partire dal 2007.

Nel gennaio 2007 viene arrestato dai carabinieri di Gravina di Catania con l’accusa di tentata estorsione in concorso ai danni di un imprenditore, aggravato dall’utilizzo del metodo mafioso. Alla fine dei 2 anni e 4 mesi di carcere, Casesa esce dalla prigione per essere nuovamente arrestato ad aprile 2013 nell’ambito dell’operazione di polizia giudiziaria  “Fiori Bianchi 3”, responsabile del reato di estorsione ai danni della società “CARMEDIL S.R.L.”, nel settore delle costruzioni edilizie.

Dalle indagini emergono, inoltre, gravi indizi di colpevolezza sulla a sua partecipazione all’associazione mafiosa “Santapaola – Ercolano’”, in particolare in merito al suo ruolo di spicco all’interno del “Gruppo di Mascalucia”. Casesa viene condannato dalla Corte d’Appello di Catania, nel novembre 2016, condannato a 7 anni e 2 mesi, colpevole del reato di associazione mafiosa.

Nel febbraio 2014, la polizia, nell’ambito dell’operazione “Money Lender”, lo arresta per usura pluriaggravata in concorso e tentata estorsione per agevolare gli affari mafiosi del clan “Mazzaglia” e “Santapaola”, con l’aggravante di assoggettamento e omertà, tipici del metodo mafioso.

Il quadro probatorio fornito con la ricostruzione del profilo criminale di Casesa, arricchita dagli accertamenti patrimoniali, estesi anche al suo nucleo familiare, che evidenziano la rilevante sproporzione tra i redditi dichiarati, l’attività svolta e gli arricchimenti patrimoniali del boss mafioso, è stato valutato dal tribunale di Catania, che ha disposto il sequestro del patrimonio di Casesa: un’abitazione, un garage, una impresa operante nel settore di autonoleggio autoveicoli e nove autovetture, in gran parte anche intestati alla moglie.