Beni confiscati alla mafia, un’altra proposta in convegno Lions a Catania

CATANIA – Nuovi modelli di legalità, che nascono da un impegno comune, per effetto della responsabilità e dell’etica della società civile. Da idea a progetto politico, la proposta di modifica del Codice antimafia – partita proprio da Catania qualche mese fa, attraverso l’elaborazione della bozza del disegno di legge, consegnata ai presidenti delle Commissioni competenti – continua a riunire attorno al tavolo il mondo dell’associazionismo, della magistratura, dell’università e delle banche, per spingere la politica a intraprendere percorsi di sviluppo territoriale. Proprio ieri sera (10 dicembre), allo Sheraton, al complesso quadro legislativo che regolamenta l’utilizzo dei beni confiscati, si è aggiunta un’altra proposta, già avanzata dal procuratore di Catania Giovanni Salvi, invitato a intervenire sul tema durante un convegno che si è svolto a maggio nel Tribunale etneo: autorizzare l’Anbsc (Agenzia nazionale beni confiscati e sequestrati alla mafia) a prestare fideiussione per avviare il microcredito, non solo alle banche ma anche alle aziende confiscate che continuano a fare impresa, vista l’oggettiva difficoltà di avere e mantenere l’accesso al credito.

«Concedere un accesso agevolato a tali imprese significa tutelare quella fetta di economia “sana” che, se depurata dall’infiltrazione mafiosa, può evitare il collasso. Si tratta di pensare al bene confiscato come bene comune, la cui gestione deve essere condivisa da più competenze, come accaduto in casi positivi come quello dell’azienda Calcestruzzi Ericina». Ad affermarlo è stato il presidente Sezione Misure di prevenzione Tribunale di Caltanissetta Antonio Balsamo, che ha parlato della necessità di creare tavoli tecnici per concertare le azioni da mettere in campo.

L’incontro è stato coordinato dall’economista Antonio Pogliese, che ha parlato di nuova cultura dell’antimafia «come unico mezzo per sconfiggere la malavita, da qui la bozza che oggi è sul tavolo dei parlamentari nazionali. Ma ci chiediamo se ci sia una reale volontà da parte del Governo di modificare, nel suo impianto anche ideologico, il codice antimafia, perché ad oggi nessuna delle Istituzioni interpellate ha fatto alcunché per avviare l’approfondimento della proposta, né ci risulta che i politici ai quali è stato presentato abbiano promosso iniziative idonee ad avviare l’iter previsto dalla legge. Teniamo a sottolineare che si tratta di un’iniziativa a costo zero, finalizzata a prospettare il sequestro dei patrimoni mafiosi anche nella prospettiva di rifondere i territori dei danni subiti, soprattutto in Sicilia».

Su circa 40 miliardi di euro in beni confiscati, la Sicilia “detiene” infatti la fetta più grande, a fronte di una percentuale che vede l’Italia il Paese con il massimo valore in tutta Europa. Un quadro che avvalora l’integrazione della proposta «mirata a recuperare patrimoni aziendali “salvabili”, erogando credito alle stesse imprese oggetto di sequestro e confisca, scongiurando un percorso spesso inevitabile, quello del fallimento», ha commentato il giudice del Tribunale del Riesame del Tribunale di Catania Pietro Currò.

Puntuale nell’analisi del fenomeno è stato il procuratore aggiunto della Repubblica del Tribunale di Catania Michelangelo Patanè, delineando il quadro dell’ingente patrimonio «che tradotto in immobili, terreni, imprese e risorse umane – ha sottolineato Patanè – avvalora la tesi secondo cui la proposta di modifica del codice antimafia avanzata alle Istituzioni e alle commissioni competenti, potrebbe efficacemente contrastare la criminalità organizzata, e fare da deterrente per il fallimento delle aziende sequestrate e confiscate. Dall’edilizia ai trasporti, ai supermercati, passando per ristoranti, lidi e imprese funebri, a Catania negli ultimi sei anni sono stati molti i settori oggetto d’infiltrazione mafiosa. Basti pensare che il sistema d’imprese amministrate dall’autorità giudiziaria nel capoluogo etneo rappresenta, per valore, fatturato e numero di dipendenti (oltre 680), la seconda azienda catanese e la quarta in Sicilia. Dobbiamo tutelare queste imprese che, depurate dalla contaminazione della malavita, grazie alla proposta dell’agevolazione al credito bancario potrebbero avere oggettivi margini di ripresa e ricadute economiche positive sul nostro territorio». La proposta di modifica del codice antimafia indica la strada per «dare una boccata di ossigeno a tutto il territorio e per contrastare la malavita».

Tra le presenze al convegno: il presidente Lions Club Mediterraneo Giusi Belluomo, Giovanni Grasso (ordinario Diritto Penale, Università Catania) e il Governatore Lions Distretto Sicilia Salvatore Ingrassia.

Redazione

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