Assistere un figlio disabile in Sicilia: le drammatiche storie delle madri coraggio

Assistere un figlio disabile in Sicilia: le drammatiche storie delle madri coraggio

CATANIA –  Occhi che guardano altri occhi. Sguardi pieni d’amore e mani che si stringono. Essere madre è il desiderio di tutte le donne. Ce ne sono alcune che lottano più di altre in nome di un amore smisurato nei confronti dei propri figli. Sono quelle donne che hanno un ragazzo disabile e che sono dimenticate dallo Stato.

NewSicilia.it ha incontrato quattro madri coraggio che in silenzio e nella totale indifferenza delle istituzioni combattono una difficile battaglia per la vita e per la normalità.

Angela Rendo ha un figlio 12enne affetto da sindrome da regressione caudale, ha un solo rene e ha già subito 17 interventi. Per motivi di salute il ragazzo deve recarsi spesso a Genova e la signora ha dovuto lasciare il lavoro per dedicarsi completamente alle esigenze del figlio.

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“Noi siamo gli invisibili – spiega –. Non abbiamo supporto da nessuno e non viene riconosciuto il nostro ruolo di family caregiver: non abbiamo diritto a un indennizzo se non possiamo lavorare, non abbiamo tutele sanitarie né pensionistiche. Eppure siamo noi il welfare del paese”.

Angela Rendo fa parte del coordinamento nazionale famiglie con disabili gravi e gravissimi ed è il referente regionale per la Sicilia di più di mille famiglie.

Ci tiene a precisare che “non prendiamo fondi perché è più giusto che tutte le risorse vengano destinate alle famiglie in maniera diretta”.

All’Ars giace un disegno di legge sulla vita indipendente, un progetto che mira – attraverso il superamento della logica dell’assistenzialismo e dell’ospedalizzazione – all’autodeterminazione e al pieno inserimento nella società dei disabili gravi. Il ddl, inoltre, intende introdurre la figura dell’assistente personale scelto direttamente dal disabile in base alle proprie esigenze e con un preciso piano individualizzato.

“In questo modo – spiega Angela Rendo – si dà direttamente alla famiglia la possibilità di scegliere l’assistenza e in che modo debba essere erogata. Ma invece, allo stato attuale, le scelte sono imposte dalle cooperative”.

Il calderone del welfare passa, infatti, attraverso le cooperative sociali spesso usate come fucina di voti e clientele politiche, in grado di arruolare anche persone impreparate per un ruolo così delicato.

“Anni fa – prosegue la signora – ho fatto domanda per l’assistenza domiciliare. Mi si presentò, per due ore al giorno, un operatore che puzzava di alcool. Allora da quel momento ho interrotto tutti i rapporti”.

Le coop incassano dai 17 ai 25 euro all’ora e soltanto otto entrano nelle tasche degli operatori che per la maggior parte hanno contratti con condizioni capestro e part time.

“Noi vorremmo soltanto la possibilità di scegliere – aggiungono le mamme – a chi affidare i nostri figli e vorremmo riconosciuti i nostri diritti da caregiver. Non vogliamo scelte imposte da altri”. Su questo tema sta circolando una petizione indirizzata al parlamento europeo proprio per il riconoscimento della figura dei family caregiver.

La signora Adriana Tomaselli ha un ragazzo autistico di 14 anni e lamenta – tra le mille difficoltà del caso – la mancata erogazione da parte del Comune del servizio, previsto dalla legge, del trasporto scolastico. A Catania non vi sono bus per condurre gli studenti a scuola e quindi viene erogato un contributo economico per i disabili, solitamente entro il 30 settembre. Nel corso degli anni, inoltre, il bonus è stato decurtato da sei a due euro al giorno. Ma in questi mesi l’amara sorpresa: il contributo non c’è.

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“Quest’anno non c’era modulistica – spiega la signora – e la risposta è che il Comune non ha i soldi. È una grave mancanza: vengono privati i ragazzi del diritto allo studio. Se un genitore non può permettersi di accompagnare il ragazzo a scuola lo Stato manda i carabinieri a casa, mentre se è il Comune inadempiente non accade nulla”.

Anche il fondo per il sostegno handicap si è andato impoverendo sempre più: si trattava di un contributo per le famiglie a basso reddito. Stessa storia per il bonus socio – sanitario: i fondi sono stati erogati dalla Regione ma ancora vengono pagati i residui del 2011.

La  signora Maria Battiato ha una figlia autistica di 15 anni e avrebbe bisogno di assistenza o quantomeno di un sostegno economico per poter fare integrare la piccola.

“Con un gravoso impegno come quello di prendermi cura di mia figlia – spiega –  non c’è nessuno che possa sostituirmi e quindi non posso lavorare. Ma, almeno, vorrei che mia figlia si possa integrare con alcune attività e non sentirsi esclusa”.

Inoltre la signora Battiato ha anche un fratello disabile: “Ci sentiamo abbandonati. Se avessimo un aiuto potremmo lavorare ma non possiamo farlo. Non abbiamo diritti ma solo doveri”. 

La signora Daniela Sgrò vive una situazione drammatica, figlia della crisi e dell’inefficienza del sistema. Ha una figlia autistica di 11 anni ed è separata. Vive con 500 euro al mese e ne paga 350 d’affitto. Inoltre ha problemi a trovare un lavoro per via delle cure continue che necessitano alla figlia: una situazione disperata.

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“Siamo inesistenti – afferma -.  Cosa dovremmo fare? Aspetto una casa popolare da tempo ma intanto vedo che i migranti che arrivano sono assistiti meglio di noi. Mi chiedo il perché. Per mia figlia e per i suoi bisogni mi sono privata di tutto ma così non si può andare avanti”.

Le mamme chiedono una diversa forma di assistenza e confidano nell’azione del neo assessore ai servizi sociali Angelo Villari, chiedendo di indirizzare correttamente le risorse disponibili.