CATANIA – Quello che si è abbattuto sulla Tecnis e le sue holding è stato un vero e proprio tornado. Ma cosa accade dopo una calamità naturale? Come si presenterà l’azienda dopo il sequestro e l’espropriazione alla vecchia proprietà Costanzo-Bosco Lo Giudice?
Innanzi tutto bisogna tener presente che la Tecnis è un vero e proprio colosso nazionale e internazionale. I suoi lavori, infatti, non riguardano solo opere sul territorio siciliano, ma anche in Brasile, Emirati Arabi, Libia, Nigeria, Romania, Sudan e Tunisia.
E, in Sicilia, lavora da anni a realizzazioni di grande importanza come la metropolitana di Catania, l’anello ferroviario e il collettore fognario di Palermo, oltre che il porto di Catania, quello di Ragusa e l’interporto di Catania. Da tempo, però, molte di queste costruzioni hanno subito gravi rallentamenti, complice la situazione finanziaria dell’azienda, in debito con molti fornitori (300 milioni di euro) e con molti dipendenti. Appena qualche giorno fa, infatti, gli operai della metropolitana di Catania hanno incrociato le braccia in segno di protesta.
Adesso, però, qualcosa potrebbe cambiare e, paradossalmente, in positivo. La Tecnis, infatti, avrà un nuovo amministratore giudiziario: Saverio Ruperto, fino ad oggi commissario per la gestione straordinaria della società, sarà a capo dell’azienda per sei mesi. I sindacalisti hanno già avuto un incontro con lui per discutere del futuro dei lavoratori. Un dialogo che lascia qualche speranza, come commentato dal presidente Fillea Cgil Catania, Carmelo Restifo: “Appena appresa la notizia del sequestro, Ruperto ha parlato con il prefetto per eliminare l’interdittiva antimafia e ha chiesto agli impiegati se fossero disposti a continuare a lavorare per l’azienda”.
Eliminare l’interdittiva significherebbe molto, perché la Tecnis potrebbe nuovamente operare sul mercato, ancor meglio di prima: “In questo modo – spiega Restifo – alcune forniture e alcuni pagamenti potrebbero sbloccarsi. Se prima, infatti, c’era ragione di non collaborare più con la ditta, adesso il muro delle altre aziende potrebbe abbassarsi sbloccando la difficile situazione economica. Anche per questo, consci del proprio ruolo, gli impiegati si sono dimostrati disponibili a riprendere a lavorare”. Qualche perplessità in più, invece, è stata dimostrata dagli operai, ancora in attesa degli stipendi di settembre e ottobre 2015 e di gennaio di quest’anno: “Sicuramente se si avessero garanzie sotto questo punto di vista ci sarebbero meno dubbi – continua Restifo -. Non bisogna dimenticare, inoltre, che il prosieguo dei lavori dipende anche dall’approvvigionamento delle materie prime, come cemento e ferro”.
Un’ultima considerazione va fatta: perché se è vero che Ruperto sta cercando di fare il possibile, insieme alla collaborazione dei dipendenti, è altrettanto vero che anche il governo nazionale gioca un ruolo importante in questa situazione, come spiegato dal sindacalista: “Credo che si stia facendo il massimo. Ma penso anche che l’assessorato alle Attività Produttive e il ministero debbano fare qualcosa. Soprattutto se non si vuole correre il rischio di disgregare l’intera struttura vendendola e ricadendo sempre nello stesso problema: fare la ricchezza di qualcuno e impoverire gli operai”.
Che la triste parabola discendente della Tecnis possa essere la rinascita della stessa azienda?