Agricoltura siciliana diventa dibattito nazionale: “Cosa finisce nei piatti dei consumatori?”

CATANIA – “Finalmente l’agricoltura al centro del dibattito politico nazionale. I consumatori italiani vogliono sapere cosa finisce nei loro piatti e le nostre coltivazioni tradizionali, garanzia di qualità e provenienza, devono tornare ad essere valorizzate”, così Francesco Tanasi, segretario nazionale del Codacons (che è associazione di consumatori ma anche di tutela dell’ambiente, riconosciuta con appositi provvedimenti dei competenti Ministeri), che ha partecipato al convegno di oggi allo Sheraton su “Le politiche europee per lo sviluppo dell’agricoltura mediterranea”, organizzato dal presidente della commissione ambiente, salute pubblica e sicurezza alimentare, Giovanni La Via, e che ha goduto della presenza del commissario europeo all’agricoltura Phil Hogan, del vice presidente del Parlamento europeo Mairead Mc Guinness e del ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina.

Il Codacons coglie l’occasione per ricordare come in questi anni l’associazione si sia sempre battuta per tutelare i consumatori, puntando anche alla certificazione dei generi alimentari. Tra le ultime battaglie si ricorda quella conclusa con il decreto che obbliga ad indicare in etichetta l’origine del latte per i prodotti caseari, che ha visto il Codacons al fianco degli allevatori italiani e a tutela dei consumatori. Un primo passo al quale ha fatto seguito la richiesta di estensione dell’obbligo di etichettatura d’origine alla totalità dei prodotti alimentari, proprio perché la provenienza, il più delle volte, modifica le scelte economiche degli stessi utenti.

“Ho il piacere di ricordare anche la nostra campagna di ‘certificazione etica’ dei prodotti alimentari, promossa assieme alla fotografa Tiziana Luxardo e alla Cia, e conclusa con la realizzazione di un calendario di denuncia sul fenomeno – sottolinea Tanasi –. È un dovere morale e sociale sostenere l’acquisto dei prodotti derivanti da quelle imprese agricole che sono in regola con le leggi e i contratti di lavoro, dando attuazione a quanto previsto dal Decreto Legge Competitività del 2014. Stiamo valutando addirittura di boicottare quei prodotti provenienti da aziende sprovviste del bollino etico del Ministero dell’Agricoltura. E la certificazione etica per i lavoratori è presupposto imprescindibile per la lotta al caporalato. Solo così sarà possibile sostenere la legalità e aiutare quelle aziende impegnate contro lo sfruttamento del lavoro”.

Il Codacons aveva già presagito le contaminazioni dei campi Ogm nella coltivazione dei prodotti agricoli tradizionali: “È accaduto in Inghilterra, dove le erbacce cresciute nelle vicinanze di un campo coltivato con semi geneticamente modificati, sono divenute resistentissime agli erbicidi a causa della presenza nel Dna del seme transgenico di colza del vicino campo. Potrà accadere anche da noi? Le nostre coltivazioni tradizionali e i consumatori italiani che vogliono sapere cosa finisce nei loro piatti sono tutelati più degli inglesi contro possibili (ora nessuno più si azzarda a negarne l’eventualità) contaminazioni dei prodotti tradizionali?», si interroga Tanasi.

In base al decreto legge italiano approvato nel gennaio 2005 (la cui ratio è garantire la coesistenza delle colture convenzionali, biologiche e transgeniche, e la tutela della tipicità della bio-diversità della produzione agro-alimentare italiana), a livello regionale si prevede una limitata sperimentazione su campo di coltivazioni Ogm, assieme all’istituzione di un apposito fondo che verrà utilizzato per il ripristino delle colture convenzionali e biologiche danneggiate eventualmente da quelle transgeniche. A completare la garanzia dei consumatori italiani, la filiera delle produzioni Ogm dovrà essere separata da quella dei prodotti tradizionali e biologici anche nella commercializzazione. 

“Sebbene, oggi, il rischio che accada da noi quanto avvenuto in Inghilterra è pari a zero; è logico che alla parola Ogm si associno timori e schieramenti diversi – conclude Tanasi -. Ed è logico che gli scienziati continuino la loro ricerca evidenziando i risultati dei loro studi per sostenere l’ingegneria genetica sul campo (se le sperimentazioni danno i risultati voluti). Ma è giusto che il consumatore sia informato. Non si può semplicemente tacciare di allarmismo chi cerca di capire. Il principio di cautela (sancito nel Trattato di Amsterdam) non è una mera regola di principio ma si riempie di contenuti concreti con studi approfonditi e seri, ricerche libere da interessi economici e/o commerciali”.