Catania, 10 ultras condannati per le violenze nelle partite di calcio

CATANIA – Il collegio della I sezione penale del Tribunale di Catania presieduto dal dott. Rosario Cuteri, giudici a latere dott.sse Eliana Trapasso ed Enza De Pasquale, ha pronunciato una sentenza di condanna nei confronti di 10 tifosi tratti a giudizio per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla organizzazione sistematica di azioni di contrasto violento nei confronti delle forze dell’ordine in occasione delle partite di calcio della squadra del Catania .

Gli ultras condannati sono: Damiano Sciuto e Giuseppe Siscaro (4 anni, 2 mesi); Giovanni Rita Calvagna (2 anni, 6 mesi); Sebastiano Barbagallo, Agostino Compagnino , Marco Lento e Lorenzo  Marchese (2 anni, 2 mesi); Vito Agliozzo e  Santo Sciuto  (1 anno, 10 mesi); Mario Razzano (1 anno, 6 mesi).

Sono stati assolti per non aver commesso il fatto Giuseppe D’Allotta, Alain Di Stefano e Danilo Patrizio.

Più precisamente l’associazione era  finalizzata alla commissione dei delitti di resistenza pluriaggravata a pubblico ufficiale (artt.337-339 c.p.), lesioni personali (artt. 582 e 585 c.p.), porto e detenzione di armi improprie e di materiale esplodente, lancio di materiale pericoloso e possesso di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive (artt. 6 bis e 6 ter legge 401/89) .

Le relative indagini erano state avviate in occasione degli scontri del 2.02.2007 a seguito dei quali perse la vita l’Ispettore Filippo Raciti; le emergenze investigative acquisite, anche grazie ad attività di intercettazione telefonica ed ambientale, poi trasfuse nel dibattimento, hanno consentito di accertare l’esistenza di un vincolo associativo tra più soggetti caratterizzato e connotato : dalla costante partecipazione, a far data dal 2000 circa, ad episodi di violenza in occasioni di partite della squadra del Catania; dalla partecipazione effettiva di quasi tutti gli associati agli scontri del 2.2.2007 presso lo stadio di Catania; dal “mutuo soccorso” a seguito degli arresti operati dalla Polizia dopo tali episodi di violenza con vere e proprie raccolte di “fondi” per sostenere le spese legali delle famiglie (con metodo per molti versi del tutto analogo quello mafioso); dal costante riferimento a schemi “organizzativi” delle attività violente con necessità di fare riferimento alle figure dei “capi”; dall’odio viscerale ed incondizionato nei confronti delle forze dell’ordine, viste quale principale nemico da combattere con la violenza con ogni mezzo ed in ogni occasione, predisponendo all’uopo mezzi ed uomini, un odio solo occasionato dal tifo calcistico.

 

 

Redazione

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