Coronavirus in Sicilia, dalla paura per il tracollo alla gestione dei ricoveri. Dott. Liberti (Asp): “Vissuti giorni difficili”

Coronavirus in Sicilia, dalla paura per il tracollo alla gestione dei ricoveri. Dott. Liberti (Asp): “Vissuti giorni difficili”

CATANIA – Sono ancora impressi nella mente di molti i drammatici momenti vissuti nel corso delle settimane precedenti negli ospedali siciliani a causa della persistente emergenza Coronavirus che sta mettendo a dura prova non solo l’isola, ma l’intero Paese.

La classificazione della Sicilia come “zona arancione” ha portato all’ennesimo scontro tra la Regione e Roma, una polemica incentrata primariamente sulla quantità dei posti letto disponibili nei nosocomi locali e sulla capacità, da parte del sistema sanitario siciliano, di reggere di fronte alla crescente pressione dei ricoveri.

A un passo dal tracollo

Momenti di estrema crisi – non solo istituzionale – che hanno quasi portato al collasso diverse strutture ospedaliere in Sicilia, dove in alcuni casi è stato praticamente impossibile rispondere alla richiesta crescente di cure mediche, corrispondente all’esplosione della seconda ondata autunnale. Superata la prima parte della tempesta, nonostante l’attenzione continui a rimanere comprensibilmente alta, si cerca gradualmente di riemergere affidandosi ai dati registrati negli ultimi giorni.

In questo momento la pressione sugli ospedali, per fortuna, non è più così forte come lo era durante le scorse due settimane passate“, racconta in esclusiva a NewSicilia il Commissario ad acta dell’Asp di Catania, dott. Giuseppe Liberti. “Il dato ufficiale riferisce che negli ultimi due-tre giorni abbiamo avuto dai sette ai quattro ricoveri complessivi in tutta la Sicilia. Sul bollettino di ieri c’erano stati due ricoveri in Terapia Intensiva, questo è un dato dal punto di vista sanitario estremamente confortante, sperando che duri“.

C’è una crescita della curva epidemiologica innegabile – evidenzia Liberti – ma ricordo a tutti che noi stiamo facendo degli screening di massa dove si va a cercare gli asintomatici inconsapevoli e li troviamo. Nel momento in cui li identifichiamo e li isoliamo, il dato complessivo cresce ma togliamo dalla possibilità di contagiare una serie di cittadini che, non sapendo di essere positivi andrebbero in giro. Dagli screening che abbiamo fatto nei due scorsi fine settimana sono venuti fuori 2-3mila positivi“.

I contagi a Catania

Catania in questo momento conta più di 8mila casi positivi, dobbiamo togliere una quota considerevole di guariti che ammontano a 2-300 al giorno. Da un lato, il numero di persone che sono obbligate a ricorrere alle cure ospedaliere si è ridotto, mentre dall’altro c’è la rete dei posti letto disponibili che si è ampliata. Man mano che si è andati incontro agli step successivi di trasformazione dei reparti in reparti Covid, la situazione a Catania si è molto rafforzata. Con il calo della gente ricoverata e l’aumento dei posti, chiedendo nei vari Pronto Soccorso se ci sono ambulanze fuori tutti gli ospedali mi hanno risposto di no“.

Il Commissario Liberti riferisce che “abbiamo vissuto almeno una settimana difficile, bisogna ammetterlo. C’era qualche ambulanza che non poteva sbarellare subito perché non c’erano posti e bisognava tenere il paziente sotto ossigeno. Da 5-6 giorni questo problema non si è più posto, se non in maniera totalmente sporadica. Da due giorni mi riferiscono che non ci sono ambulanze che stazionano fuori dai Pronto Soccorso in attesa che il paziente possa essere sbarellato e affidato alle cure dei medici. Negli ultimi giorni ci sentiamo più sollevati, anche l’assessore alla Salute Ruggero Razza lo è“.

Gli asintomatici continuano a crescere

I cittadini devono comprendere la differenza tra l’incremento della curva epidemiologica e la diminuzione di pressione sugli ospedali. L’aumento della curva è dovuto all’evidenziazione dei soggetti completamente asintomatici, se non facessimo gli screening la curva sarebbe più bassa. Altrimenti, lasceremmo che delle persone potenzialmente contagianti stessero in giro. Lo screening ci consente di isolarle ma allo stesso tempo la curva cresce. Questo, comunque, mi preoccupa poco perché sono soggetti asintomatici che scopriamo solo per caso“.

Il “caso” Vittorio Emanuele

In tanti, tra cittadini e associazioni etnee, continuano a chiedere la riapertura dell’ospedale Vittorio Emanuele di via Plebiscito, attualmente dismesso, per riconvertirlo con lo scopo di ospitare i malati di Coronavirus. Tuttavia, la questione non sembra essere così semplice. “Quelli che se lo chiedono, pensano che siamo scemi. È l’uovo di colombo“, sottolinea Liberti al nostro quotidiano.

Se viene riconvertito, ammesso che lo si possa fare in una struttura che è ormai abbandonata da tempo, si spende una fortuna e i tempi per ristrutturare e mettere l’ossigeno sono lunghi. Serve poi qualcuno che possa lavorarci, i malati non possono certamente essere messi in autogestione“.

Una volta pronto, serve il personale. Da dove lo prendiamo? Tutta la forza lavoro sanitaria in Sicilia è focalizzata nei vari ospedali, nelle Rsa e nel contact tracing. Personale infermieristico non ce n’è, così come medici specialisti. Per fare questo, dovrei svuotare gli altri ospedali e mandare i medici al Vittorio Emanuele. Il problema non è riconvertire, ma metterci il personale specializzato“, conclude il Commissario.

Immagine di repertorio