CATANIA – Catania vs Berlino: un confronto tra le due città sul Covid-19 visto dai siciliani che vivono in Germania dove lo Stato c’era già prima dell’epidemia.
Da quando il Coronavirus ha cominciato a circolare è passato già un anno ma nonostante gli sforzi fatti dai cittadini dei diversi Paesi, e le politiche di contenimento adottate dai differenti governi nazionali, la pandemia non sembra arretrare.
Ma quale è stata la percezione dell’emergenza sanitaria negli altri Paesi europei? Hanno sofferto tanto quanto ha sofferto l’Italia? E i lavoratori hanno riscontrato le stesse difficoltà a cui sono andati incontro gli italiani? Il confronto tra Paesi e governi differenti è inevitabile, soprattutto quando ci si trasferisce all’estero per lavoro e si diventa diretti testimoni delle diversità culturali.
La storia di Susan a Berlino
Susan vive in Germania da più di un anno, esattamente a Berlino dove convive con il proprio compagno partito 3 anni fa. La gestione dell’emergenza sanitaria dettata dalla diffusione del Covid-19 è stata completamente differente: “All’inizio a Berlino non si aveva la percezione di gravità che c’era in Italia. Intercettare i motivi di questi atteggiamenti è molto semplice: la popolazione berlinese è molto più giovane e quando il virus ha cominciato a circolare gli effetti erano certamente meno drammatici che in Italia, dove il numero di anziani e nettamente superiore“, racconta Susan.
“Per noi, in costante contatto con i parenti di Agrigento e di Catania, l’allerta restava alta perché avevamo abbastanza chiaro in mente cosa stava succedendo in Sicilia. Una netta differenza con l’Italia sono stati i focolai: in Italia scattavano soprattutto nelle Rsa e nelle strutture sanitarie, a Berlino nei club e nei luoghi molto affollati dai giovani, i primi a essere stati chiusi“, prosegue Susan. In questa differenza anagrafica va identificata la gravità della situazione siciliana e italiana confrontata con quella di altri luoghi.
L’incidenza dei contagi sulla popolazione ha permesso al governo tedesco di agire in maniera completamente differente, tanto in materia di aiuti e sostegno ai lavoratori, quanto in materia di organizzazione interna: “Io lavoro all’assistenza clienti per una grande società e fino a ottobre ho sempre lavorato in presenza – spiega Susan che come conseguenza non ha avuto bisogno di usufruire della cassa integrazione tedesca -. Da ottobre in poi sono rimasta a casa in home office e anche in questo caso sono rimasta attiva. Il mio compagno che lavora in una pizzeria italiana, invece, ha usufruito della cassa integrazione ma solo per due mesi, poi sono tornati attivi con il domicilio“.
Nell’erogazione del sostegno ai lavoratori risiede un’enorme differenza tra Berlino e l’Italia. A erogare i soldi è sempre lo Stato che però agisce tramite i datori di lavoro e non attraverso un ente terzo. Ciò significa che l’imprenditore riceve il denaro dal governo dopo avere effettuato la richiesta e infine li versa nel conto del lavoratore momentaneamente fermo.
Nelle ultime settimane la situazione è peggiorata in tutta Europa, per questo motivo i governi sono corsi ai ripari per arginare quanto più possibile i danni: “La situazione sembra critica tanto che si parla di un altro periodo di limitazione – sempre differente dal lockdown che è stato disposto in Italia durante la prima ondata – addirittura fino a Pasqua“, prosegue Susan.
Camminando tra le strade di Catania, quando è concesso, è evidente la sofferenza delle persone a causa delle misure di contenimento adottate dal governo. Gente che si lamenta e commercianti che, giustamente, non sanno come fare fronte alle spese rendono l’atmosfera particolarmente pesante. A questo si unisce l’instabilità politica e la confusione messa in scena dai governanti.
A Berlino com’è l’atmosfera per le strade? “Molto più distesa, è veramente difficile incontrare un tedesco accigliato o che si lamenta per strada. I tedeschi sanno che qualsiasi cosa succeda, riescono ad andare avanti perché lo Stato c’è tanto in questo momento di crisi mondiale, quanto prima. I servizi per i lavoratori, i centri per l’impiego che lavorano seriamente, un mercato del lavoro fondato sulla legalità e su contratti legali e tutta l’organizzazione che esisteva già da prima, e che hanno fatto della Germania il paese che è oggi, permettono ai cittadini di vivere e affrontare le cose in maniera differente“, conclude Susan.
L’emergenza epidemiologica ha messo a dura prova i differenti Paesi e, in ginocchio l’Italia, con la differenza che nel “Bel Paese” il Coronavirus ha fatto emergere tutta la polvere che nei decenni precedenti era stata nascosta sotto il tappeto a favore di benefici velleitari e politici, spesso personali. In Germania, invece, lo Stato era presente prima e ha affermato la sua presenza in questo ultimo anno.
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