CATANIA – “La prima fase dell’emergenza ha colto di sorpresa il sistema delle Residenze Sanitarie Assistenziali, con un bilancio pesantissimo sul numero di contagiati e di personale e pazienti deceduti. Ma quella che sembrava una tragedia inevitabile sta assumendo, tuttavia, le forme di una scelta cinica e dolorosa”. È questo il messaggio della Confsal Catania.
Quest’ultima procede: “A oggi, il personale delle RSA è dimezzato, alcune strutture abbandonate a se stesse, quasi nessuna è posta nelle condizioni di poter gestire anche i pazienti affetti da Covid. Ma la questione, di non facile soluzione, sembra interessare nessuno. L’incredibile abnegazione dei lavoratori sta evitando le tragedie vissute nella prima ondata. Ma fino a quando riusciranno a lavorare in queste condizioni?”.
La nota prosegue: “Mancano spazi adeguati a separare gli ospiti positivi da quelli negativi, mancano stanze per la vestizione e svestizione, manca il tempo materiale per seguire alla lettera i rigorosi protocolli di prevenzione. E, soprattutto, mancano gli infermieri e gli operatori. Manca disperatamente quel personale emigrato, in massa, nelle strutture pubbliche”.
Le difficili condizioni in cui versano gli anziani: “Il grido d’allarme viene da più parti. Non solo dal personale in trincea, ma anche dai tanti gestori che con professionalità e onestà forniscono servizi di eccellenza agli utenti più fragili. E sono proprio loro, gli anziani, le vittime indifese: privati delle carezze dei propri cari, da mesi in preda a sofferenza e angoscia. Abbiamo tutti l’obbligo di tutelare quella classe di ferro che, con grossi sacrifici, ha contribuito a costruire il nostro benessere e a trasmettere i valori fondanti della nostra società”.
La Confsal e la federazione di categoria, SNALV Confsal, promuovono una seria discussione tra lavoratori, datori e istituzioni per:
- consentire il miglioramento delle condizioni di lavoro dei dipendenti “privati”, riducendo drasticamente il divario retributivo e contrattuale con i colleghi del pubblico impiego;
- garantire l’omogeneità del sistema di accreditamento, eliminando le assurde sperequazioni, sia in termini regolamentari che di budget, vigenti da una Regione all’altra;
- ripensare il mondo socio-sanitario, favorendo l’assistenza dedicata a singoli soggetti o piccoli gruppi e, ove possibile, potenziando l’assistenza domiciliare mediante l’integrazione tra pubblico e privato.
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