CATANIA – Un inizio di settembre “infuocato” sul fronte delle vertenze di lavoro. A Catania stamattina a scendere in strada in protesta gli operai delle “Acciaierie di Sicilia”.
Nello stabilimento, situato alla zona industriale, a causa dell’alto costo dell’energia elettrica, il 30% più alto rispetto al resto dell’Italia e del dimezzamento negli approvvigionamenti del rottame, da 1.800 tonnellate giornaliere a 700 tonnellate l’orario di lavoro è stato ridotto del 40%.
Un dramma che ha colpito duramente 300 famiglie (tra dipendenti e indotto). E se oggi in fabbrica i cancelli restano sbarrati i lavoratori sono scesi in protesta da piazza Università fino alla Prefettura, per difendere il posto di lavoro.
Alla manifestazione promossa da Fim, Fiom e Uilm, c’è Giuliano, da sei anni in fabbrica e due figli a carico. “Stringiamo su tutto – ci confida – ma è dura soprattutto in questo periodo di grande crisi”. E aggiunge. “Al momento sto lavorando tre giorni a settimana ma ci sono colleghi che sono a casa da luglio”.
“Ormai la situazione è diventata insostenibile – denuncia cosi Piero Nicastro segretario provinciale Fim Cisl – se la Regione non fa qualcosa e al più presto le Acciaierie di Sicilia rischiano di chiudere i battenti. Oggi previsto incontro in Prefettura e al Comune”.
Per Stefano Materia, segretario Fiom Cgil “due le priorità per rimettere in piedi l’azienda e cioè intervenire sul caro bolletta e regolamentare il settore del rottame”.
Ma oggi è stata anche la giornata della protesta dei lavoratori della Formazione professionale. Davanti a Palazzo Esa, sede catanese della presidenza della Regione, si apre una nuova stagione di lotte.
“Siamo diventati un popolo di invisibili” – denuncia Daniela, una delle lavoratrici dell’Anfe – la politica continua ad essere assente e a non fare niente. E intanto noi non sappiamo come arrivare a fine mese, gli stipendi arretrati non sono ancora arrivati e chi è stato licenziato o sospeso non ha alcun sostegno al reddito e infine il Ciapi che doveva assumerci per un periodo di sette mesi non ci ha ancora chiamato.”.
E conclude. “Da Palermo domani partiremo in direzione di Roma per chiedere udienza al Papa: se riusciamo ad avere il suo appoggio forse qualcosa si potrà muovere”.
Mariangela Scandurra
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