Inquinamento prodotto da smart working e DaD: i numeri da capogiro che dovrebbero farci riflettere – INTERVISTA

Inquinamento prodotto da smart working e DaD: i numeri da capogiro che dovrebbero farci riflettere – INTERVISTA

SICILIA – La Pandemia ci costringe a lavorare e studiare da casa da oltre un anno – questo ormai si sa – ma quello che in pochi contano è che smettendo di usare le macchine e allontanandoci da mari e natura, non è del tutto corretto dire che stiamo contribuendo alla rinascita della terra: alcuni studi hanno dimostrato che proprio il costante uso dei pc sta contribuendo a un elevatissimo consumo di acqua e suolo, nonché emissioni di CO2.

Alla base della nostra analisi uno studio della Purdue University secondo cui un’ora di videoconferenza o streaming emette dai 150 ai 1000 grammi di anidride carbonica, richiede da 2 a 12 litri di acqua e una quantità di suolo che si somma a circa le dimensioni di un iPad Mini.

Ad aumentare spropositatamente questi consumi sono le operazioni che richiedono streaming e l’uso delle videocamere: secondo lo studio se spegnessimo la webcam durante una videoconferenza, riusciremmo a consumare fino al 96% in meno e se riducessimo la qualità dello streaming fino all’86%.

Alcuni Paesi – secondo la Purdue – hanno segnalato un aumento di almeno il 20% del traffico Internet da marzo. Se la tendenza continuerà fino alla fine del 2021, questo aumento dell’uso di Internet da solo richiederebbe una foresta di circa 185mila km quadrati (poco più di metà Italia), l’acqua aggiuntiva necessaria per l’elaborazione e la trasmissione dei dati sarebbe anche sufficiente per riempire più di 300mila piscine olimpioniche, mentre l’impronta di suolo corrispondente sarebbe all’incirca 1.302 km (l’area metropolitana di Roma).

Perché la navigazione su internet richiede acqua e suolo ed emette CO2?

Per navigare su internet si utilizzano alcune infrastrutture (cavi, modem, computer) che consumano materie prime (rame, silicio ecc), ed elettricità.

Per quel che riguarda l’elettricità bisogna mettere in conto che per la sua produzione si emette anidride carbonica e si consumano suolo e acqua: questo dipende dal modo in cui il Paese produce elettricità, infatti i consumi variano a seconda del tipo di energia utilizzata, che può essere rinnovabile o non rinnovabile, caso in cui (come in Italia) si sfruttano delle centrali termoelettriche alimentate a Diesel per creare energia.

Di conseguenza il bisogno da parte della rete di caricare dati più pesanti, a causa dello streaming ad alta risoluzione e dei video, richiederà più elettricità, riattivando il ciclo dei consumi.

Proprio per questo motivo dietro a ogni semplice click si nascondono consumi ed emissioni da capogiro, certamente più pericolosi di quel che si crede comunemente.

Quanto inquino utilizzando il computer?

I dati mondiali condivisi dallo studio dell’università Purdue hanno offerto un’ottima base per indagare su una visione nazionale e poi regionale, specifica per la Sicilia: da ormai un anno, causa Pandemia da Coronavirus, tutto lo Stivale è stato costretto al cosiddetto “lavoro agile”, alla Didattica a Distanza e inevitabilmente si sarà ritrovato più e più volte di fronte allo schermo di un pc, ma come ha influito tutto questo sull’ambiente e, soprattutto, di quanto è aumentato l’effettivo utilizzo di internet?

Risponde a una di queste domande il report Cisco 2021: in Italia dal 2016 al 2021 la percentuale di utenti su internet è aumentato dal 65% al 73%; i dispositivi e le connessioni pro Capite da 4.9 a 8.4; la velocità media da 10.8 Mbps a 24.3 Mbps; il traffico medio pro capite al mese da 17.3 GB a 49.7 GB.

Il consumo stimato di traffico internet in Italia è 3 volte quello del 2016 con crescita annua del 25%, la stima infatti sarà – in un mese – di 2,8 exabyte (1 exabyte equivale a 1 miliardo di GB) nel 2021.

Presupposto dunque che il consumo di dati sia uniforme e direttamente proporzionale alla popolazione e basandoci sui dati Cisco sopracitati, i dati consumati in Sicilia equivalgono circa a 0,23 exabyte, ovvero 232,4 petabyte (1 petabyte equivale a 1 milione di GB).

Tornando dunque alle emissioni e alla richiesta di materie prime, tramite questi dati è possibile calcolare una stima del consumo di traffico internet nell’Isola: è di 140 GW/h, ovvero 4.200 tonnellate di emissioni di CO2 in una sola ora, dunque con una “semplice” videocall o il tempo di un film.

Per comprendere al meglio a quanto realmente corrispondono queste 4.200 tonnellate di CO2 basti pensare che una sola auto ne emette 4,6 tonnellate all’anno.

“Sostenibilità” e consumi

È intervenuto ai microfoni di NewSicilia il professore Giorgio Sabella, docente del dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania: “Quello della produzione di CO2 è solo uno dei tanti problemi ambientali con cui combattiamo e se ci soffermiamo solo su questa rischiamo di oscurare il resto. Al momento abbiamo all’attivo grandi quantità di consumo del suolo previo disboscamento, infatti proprio dall’abbattimento degli alberi deriva parte del problema dell’anidride carbonica, non più ‘assorbita’ e scambiata con l’ossigeno. Agli alberi è legato anche un conseguente problema per il mondo animale.

“Un altro problema è quello dell’acqua, che è una risorsa finita e che se sprecata rischia di venire a mancare togliendo all’umanità una risorsa fondamentale. Un altro problema non sempre attenzionato è quello dell’inquinamento dei suoli, delle acque e dell’aria. Dovremmo guardare tutto il contesto anche oltre la CO2 per capire che l’approccio che dobbiamo avere è quello alla parsimonia, perché le nostre risorse non sono infinite. Il livello di consumo che abbiamo è sempre crescente”, continua.

“Bisognerebbe utilizzare le risorse a disposizione in maniera sostenibile, ma la sostenibilità ha due facce. Da un lato vi è l’approccio opportunistico secondo il quale se consumiamo le nostre risorse oggi, non ne avremo nei prossimi anni, dunque con l’obiettivo di preservare risorse per la nostra specie. Ma questa mentalità nonostante sia la più comune a mio avviso non è sufficiente perché così la nostra idea di sostenibilità non è etica e non ci porta a rispettare la natura come dovremmo. Questa è l’altra faccia: la natura non ha un ruolo solo economico, ma bisogna rispettarla perché è parte di un contesto più ampio, gli animali e le piante non esistono in natura solo per essere mangiati o sfruttati, devono essere rispettati in quanto tali. Questo secondo me manca oggi al concetto di sostenibilità, dobbiamo capire di essere parte della natura, non i suoi ‘controllori’. Come diceva Einstein, non possiamo affrontare un problema con la stessa mentalità con cui lo abbiamo creato e con la nostra mentalità volta al consumismo, non possiamo pensare di essere più sostenibili. Bisogna cambiare il modo di riflettere sull’argomento”, prosegue il Professore.

E ancora: “La nostra società non è fondata sul risparmio, ma sul consumo, eppure non possiamo continuare a volere sempre di più perché con questo pensiero non potremo raggiungere un livello di consumo sostenibile. Il consumo non sarà mai sostenibile. Manca l’aspetto del risparmio, dovremmo consumare solo quello di cui abbiamo bisogno, il resto è superfluo. Se noi ci illudiamo di comportarci come abbiamo fatto fino a ora solo perché magari la nostra energia è ‘pulita’, non stiamo parlando di sostenibilità. La stessa energia non è mai pulita e non è mai gratuita. Anche un impianto eolico ha un impatto ambientale (a volte piccolo e altre maggiore) perché pur non producendo CO2 consuma il suolo e mette a rischio alcune componenti naturali.

Infine: “Per concludere, non possiamo solo produrre in maniera meno impattante se comunque consumiamo tanto, dovremmo essere contenti di volere meno e consumare meno, all’interno di un contesto più sobrio. Dobbiamo iniziare a pensare in maniera diversa da ora”.

Immagine di repertorio