Autovelox, la Cassazione ridisegna i confini tra approvazione e omologazione: la sentenza che può cambiare le strade d’Italia

Autovelox, la Cassazione ridisegna i confini tra approvazione e omologazione: la sentenza che può cambiare le strade d’Italia

ITALIA – La Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10365 del 14 marzo 2025, ha realizzato un’importante svolta nell’inquadramento giuridico delle apparecchiature elettroniche impiegate nella rilevazione delle infrazioni al Codice della Strada, fornendo una specifica distinzione fra approvazione ministeriale e omologazione tecnica degli stessi ai sensi dell’art. 142, comma 6, C.d.S, e ribadendo la necessità di sottoporre tutti i dispositivi al procedimento di omologazione, pena la loro irregolarità.

Si discosta quindi dalla circolare del 23.01.2025 n. 995 del Ministero dell’interno, con la quale si è tentato di minimizzare gli effetti della differenza dei procedimenti, ritenendoli equipollenti, già individuata dalla pronuncia di Cass. 10505/2024. La Cassazione ha ribadito l’ontologica diversità dei due procedimenti: l’approvazione si limita a certificare la conformità di un prototipo agli standard previsti, mentre l’omologazione attesta la piena idoneità tecnica del dispositivo e consente la sua produzione in serie. Solo quest’ultima garantisce che le rilevazioni possano ritenersi affidabili e giuridicamente valide.

La decisione della Corte trae origine dall’indagine coordinata dal Gip di Cosenza, che, a partire dall’estate scorsa, ha disposto il sequestro di numerosi autovelox privi di omologazione. Protagonista dell’inchiesta è il modello T-Exspeed v.2.0, fornito in noleggio a diversi enti locali e presentato contrattualmente come “omologato”, sebbene, secondo gli accertamenti, fosse solamente “approvato”.

La V Sezione Penale ha confermato la legittimità del sequestro preventivo dei dispositivi, ritenendo configurabile il reato di frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.) e, in via concorrente, l’ipotesi di falso ideologico per induzione (artt. 48, 110 e 479 c.p.), in quanto i pubblici ufficiali incaricati dei rilievi avrebbero redatto verbali basati su apparecchi tecnicamente inidonei. Questi ultimi, secondo la Corte, non agiscono con dolo, poiché confidano nella legittimità del dispositivo. La responsabilità penale si sposta dunque sul fornitore, che diviene autore mediato del falso per avere indotto in errore l’agente accertatore. In particolare, la Corte delinea un principio di corresponsabilità che coinvolge l’intera filiera: i produttori, chiamati a garantire la conformità tecnica dei dispositivi, i fornitori, responsabili della veridicità delle dichiarazioni contrattuali e le amministrazioni, tenute a vigilare sulla regolarità dei mezzi utilizzati.

In questo modo, l’omologazione non costituisce più una mera condizione di validità amministrativa del verbale, ma si configura come un elemento strutturale la cui assenza incide sulla stessa liceità dell’autovelox.

Gli effetti della pronuncia si riverberano ben oltre le aule di giustizia. Per le amministrazioni comunali e provinciali, la mancanza di omologazione implica un obbligo di rimuovere i dispositivi irregolari, la restituzione delle somme incassate tramite sanzioni nulle e possibili azioni di rivalsa contro i fornitori per inadempimento contrattuale. Per i cittadini, la decisione rappresenta una base solida per ricorsi e opposizioni, che potranno fondarsi non solo sulla nullità del singolo verbale, ma sull’illiceità originaria dell’intero procedimento di accertamento.

Le conseguenze economiche non sono trascurabili: in grandi città come Milano, Roma ed anche Catania, dove gli autovelox generano introiti significativi, gli effetti della pronuncia rischiano di incidere sui bilanci preventivi già approvati.

La sentenza lascia però un vuoto normativo, in quanto il legislatore non ha ancora definito in modo puntuale le modalità di approvazione e omologazione, dando così vita a situazioni di incertezza interpretativa.

La pronuncia della Cassazione costituisce un monito: la correttezza tecnica degli strumenti di accertamento non è un dettaglio, ma il presupposto stesso della legittimità dell’azione amministrativa. Il diritto penale, in questa prospettiva, diventa presidio di garanzia per la tutela dell’interesse pubblico e per il rafforzamento della fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

AVV. ELENA CASSELLA