Il sequel del giallo “La disciplina di Penelope” di Gianrico Carofiglio, edito da Mondadori nel 2021, si chiama “Rancore“. Le pubblicazioni dello scrittore ex magistrato hanno ricevuto sempre il consenso dei lettori, attratti dalla scrittura palesemente firmata da un uomo di legge.
Nato a Bari nel 1961, Gianrico Carofiglio ha esordito nella narrativa nel 2022 con il legal thriller “Testimone inconsapevole”.
Le successive pubblicazioni saranno comunque a servizio del principio di legalità, affermato nei romanzi come il thriller legale “Ragionevoli dubbi“, i gialli “La misura del tempo” e “La regola dell’equilibrio“.
Carofiglio è scrittore di saggi, romanzi, numerosi racconti distanti dal genere letterario con cui si è affacciato nel mondo dell’editoria.
Avanzare verso un libro di Gianrico Carofiglio comporta una massiccia dose di consapevolezza che si sta per aprire la porta di una residenza ufficiale, dove il rigore di un uomo di legge esercita con dovizia di particolari il potere a lui conferito dallo Stato.
A distanza di un anno Carofiglio ritorna in libreria con “Rancore” per un secondo appuntamento con Penelope Spada, l’ex pubblico ministero lontano dai Tribunali per motivi ignoti.
Reduce dal caso prima diretto, poi archiviato, nel ruolo di investigatrice assunto nel primo romanzo, la scrivania di Penelope adesso è una vetrina di fascicoli di un nuovo caso non molto diverso dal primo.
Una figlia accusa di omicidio la giovane moglie del padre. La struttura di un giallo si esibisce a grandi lettere, un classico omicidio concluso nell’ambito familiare con l’obiettivo di assicurarsi la grossa fetta di un’ingente eredità.
Si chiama Marina Leonardi, ed è la figlia di Vittorio, uomo molto conosciuto nella città di Milano, professore universitario e chirurgo di fama, morto improvvisamente due anni prima, apparentemente per arresto cardiaco.
Uno dopo l’altro, gli alibi trovano una fessura cui non è impossibile infiltrare le ipotesi di un omicidio occultato da soggetti insospettabili.
La giovane moglie, una bellissima ex modella, può contare su un alibi che la esclude dall’elenco degli indiziati. Nel momento in cui stava per diventare vedova si trovava in un centro benessere in Toscana, lontana centinaia di chilometri dal letto di morte del marito.
L’elenco dei possibili responsabili del delitto non ancora considerato tale, comprende la domestica, il notaio, la prima moglie, il medico che ne ha constatato il decesso.
L’azione investigativa punta sugli indizi trascurati nelle ore successive all’evento delittuoso. Primo fra tutti, chiamare delitto un fatto naturale come la morte, conduce ad un ragionamento oltre le prove che hanno diffuso luce falsa sul caso specifico.
Nel contesto della matassa inquieta, un’altra indagine sfiora l’intimità di Penelope, a conferma del suo passato invaghito da “ragionevoli dubbi”.
“Volevo la conferma che il disastro combinato con la mia ultima indagine ufficiale non dipendeva da una fantasia investigativa, ma prendeva spunto da una congettura plausibile su un fenomeno grave. Che se avevo distrutto la mia carriera e rovinato la mia vita era stato per qualcosa che esisteva nel mondo reale e non solo nella mia immaginazione sovraeccitata”.
Cinque anni sono passati, inutili, vissuti in una bolla di notti annacquate dal vino. Lasciarsi stordire dal bicchiere può non essere una fuga geniale, ma cinque calendari fa, quella scellerata fu l’unica scelta possibile. A farle compagnia c’era Olivia, un bull terrier con la parola negli occhi.
“Nessuno mi avrebbe restituito la vita di prima, però avrei potuto chiudere qualcuno dei conti rimasti in sospeso”.
È chiara l’intenzione di Carofiglio di procedere al confronto l’attività investigativa con la realtà quotidiana spesso priva di significato, costruita nella necessità pressante di entrare in comunione con almeno un affetto.
Cosa non è un’indagine, se non la ricerca ossessiva di verità da sottrarre all’indole della vendetta?
Attraverso la piattaforma del sentimento, il giallo alleggerisce il suo peso nella scrittura pacata del romanzo, cinque anni dopo Penelope Spada dovrà chiudere i conti deportati sotto tortura in un passato lasciato in sospeso. Troppe, davvero troppe le forme di rancore che ha imparato a lezione di contatti umani.
Penelope vive ancora di giustizia, nella ricerca ossessiva della verità da consegnare alla vittima di un reato prima ancora di chiudere dietro le sbarre il colpevole.
Non è più un Pubblico Ministero da quando un errore divenne ostacolo del suo futuro in magistratura. Simulare l’ascolto con una postura emotiva impassibile non è da lei, quasi tutti gli investigatori assorbono come spugne confessioni estrapolate dalle domande di rito.
Lei no, Penelope ha bisogno di fare lo sgambetto al limite imposto dalla legge. Presto l‘errore dal quale dovrà liberarsi per sempre, sarà reso noto al lettore dietro compenso di un rebus decifrato su modello di un’analisi investigativa.
La chiave risolutiva dei due reati risponde alle intuizioni acute, nonché determinate a togliere il sonno alla parzialità dei sensi, così ingombrante nell’alloggio dei pericolosi sentimenti passivi.
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