Sequestrati beni per un ingente valore a un medico appartenente a Cosa Nostra

CALTANISSETTA – La Polizia e la Guardia di Finanza di Caltanissetta hanno confiscato beni per un valore di oltre cinque milioni di euro, riconducibili al medico niscemese Giuseppe Amedeo Arcerito, 64 anni. Nei giorni scorsi era stato eseguito il decreto, emesso in data l’1 luglio 2015, dalla Sezione Misure di Prevenzione del locale Tribunale, divenuto irrevocabile lo scorso 12 settembre, dopo la Sentenza della Suprema Corte di Cassazione, che ha disposto la confisca definitiva dei beni, per un valore di 5 milioni e 200 mila euro, riconducibili al medico dentista.

L’irrevocabilità del decreto di confisca ha permesso allo Stato di acquisire l’ingente patrimonio da lui accumulato che risulta essere frutto della sua attività illecita, e il reimpiego dei proventi di questa attività. Le indagini svolte hanno permesso di accertare che il medico non possedeva affatto la capacità economica per acquisire il patrimonio confiscato definitivamente, se non ricorrendo a risorse alternative illecite e di verificare la sproporzione tra i redditi dichiarati rispetto al valore dei beni acquistati. I beni, oggetto del provvedimento, risultano essere intestati, oltre a lui, alla sorella Rosaria e al marito di quest’ultima, Calogero La Rosa, ed erano stati sottoposti a sequestro su proposta del Questore di Caltanissetta, formulata del dicembre del 2012, ai sensi della normativa antimafia e, successivamente, su ulteriore proposta della procura della Repubblica nel locale Tribunale nel gennaio del 2014, di cui le indagini sono state eseguite anche dalla Squadra Mobile nissena e della Guardia di Finanza.

In totale i beni oggetto del decreto di confisca definitivo risultano essere 55, di cui 51 beni immobili, 2 fabbricati, 15 terreni e 34 capannoni, e 4 beni mobili registrati, un’autovettura e 3 mezzi agricoli. Arcerito, medico dentista, appartenente all’organizzazione criminale denominata “Cosa Nostra” – famiglia di Niscemi, è stato più volte attinto da provvedimenti restrittivi nell’ambito delle operazioni c.d. “Ricostruzione” del 2001 e “Parabellum” del 2011.

Già condannato con sentenza del Tribunale di Catania nel 2002, divenuta definitiva nel 2003, alla pena di anni tre anni di reclusione, in quanto colpevole del delitto di associazione di tipo mafioso, per vari episodi di estorsioni e altro, in seno all’organizzazione di appartenenza della quale è stato leader. Attualmente risulta sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di dimora nel comune di residenza, con quotidiana presentazione alla polizia giudiziaria e di permanenza in casa nelle ore serali. Al termine della misura, dovrà essere sottoposto alla sorveglianza speciale, disposta dal Tribunale Sezione Misure di Prevenzione di Caltanissetta.