Freddato a colpi di pistola per vendetta di mafia: dopo 30 anni la ricostruzione dell’omicidio di Giuseppe Failla

GELA – Giuseppe Failla, barista di 50 anni e membro della famiglia mafiosa denominata “stiddari selvaggi” , non sarebbe stato ucciso per aver rifiutato di pagare il “pizzo” ai clan locali, ma per vendetta.

Sarebbe stata smentita, infatti, l’ipotesi principale degli inquirenti che indagavano sull’omicidio dell’uomo, avvenuto a Gela (in provincia di Caltanissetta) 30 anni fa.

La svolta nel “cold case” questa mattina, quando i carabinieri del Ros (Raggruppamento Operativo Speciale) di Torino e Como, in seguito alle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, hanno individuato e arrestato i responsabili del brutale assassinio, Cataldo Terminio e Angelo Bruno Greco.

Dalla ricostruzione della dinamica dell’assassinio sarebbe emersa una verità molto diversa da quella iniziale.

L’esecutore dell’omicidio, Cataldo Terminio, uomo d’onore della famiglia di San Cataldo, si sarebbe recato nel bar gestito da Failla, situato in via Cadorna, nel centro storico di Gela, alle prime luci dell’alba, subito dopo l’apertura, il 9 novembre 1988, e avrebbe freddato il 50enne a colpi di pistola mentre si trovava dietro il bancone. Il cadavere sarebbe stato scoperto da alcuni clienti poche ore dopo.

Per 30 anni le forze dell’ordine non erano riuscite a far luce sulla dinamica del decesso del barista, ma dopo diverse testimonianze di collaboratori di giustizia e il blitz di stamattina è stata avviata una nuova fase dell’inchiesta.

Il presunto killer avrebbe agito, con il supporto di Angelo Palermo, che avrebbe avuto il compito di autista del commando, e di Angelo Bruno Greco come basista, avrebbe agito per vendicare la morte del padre Nicolò, ucciso in un agguato a San Cataldo il 17 aprile del 1982 dal gruppo “stiddari selvaggi” di cui Failla era esponente. Si tratta di un clan formato da fuoriusciti da Cosa Nostra a seguito di contrasti per la spartizione dei proventi delle estorsioni.

Dalle dichiarazioni dei pentiti sarebbe, inoltre, emerso l’assenso all’omicidio di Giuseppe Madonia, rappresentante provinciale di Cosa Nostra a Caltanissetta.