Cronaca

Dalla Lombardia alla Sicilia, sgominato clan dei Sanfilippo: 55 indagati, i DETTAGLI

GELA – Importante operazione antimafia nel Nisseno, che ha permesso di sgominare un’organizzazione mafiosa con base a Mazzarino ma ramificata – di fatto – in tutta Italia, soprattutto a Milano.

Ben 4 anni di indagini – dal 2017 al 2021 – a carico della famiglia mafiosa Sanfilippo, riconducibile alla “stidda gelese“, hanno permesso di raccogliere numerosi elementi circa la commissione di reati di associazione di tipo mafioso, omicidio, estorsioni (consumate e tentate), delitti in materia di armi e di sostanze stupefacenti, aggravati dal metodo mafioso.

Le ordinanze

I carabinieri di Caltanissetta, pertanto, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. a carico di 55 soggetti (37 in carcere di cui 8 già detenuti per altra causa, 13 ai domiciliari di cui 1 già detenuto per altra causa, 2 obblighi di presentazione alla Polizia giudiziaria, 3 misure interdittive allo svolgimento di attività professionali), gravemente indiziati, a vario titolo, dei delitti suddetti.

Le ordinanze, tra l’altro, sono state eseguite in provincia di Caltanissetta, in Italia e anche all’Estero. Tra gli indagati, 2 sono stati localizzati in Germania e uno in Belgio, catturati dalle unità FAST (Fugitive Active Searching Team) tedesche e belghe, coordinate con l’omologa unità italiana del servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia.

Mafia agricola ma non solo

Le indagini hanno ricostruito le attività criminali tipiche della “mafia agricola”, oltre a quelle più articolate finalizzate al traffico di sostanze stupefacenti o alla percezione di contributi pubblici per l’agricoltura, ottenuti attraverso false dichiarazioni.

Sarebbe emersa anche l’attività di pressione estorsiva esercitata in danno di numerosi imprenditori e operatori commerciali di Mazzarino, costretti a cedere somme di denaro per il sostentamento dei sodali detenuti, a fornire gratuitamente beni e servizi ai membri del clan e a effettuare assunzioni fittizie di affiliati.

Due omicidi

Ma non è tutto: è stato possibile far luce su due casi di “lupara bianca” e su un traffico di sostanze stupefacenti (in particolar modo cocaina). Assolutamente peculiare il fatto che le direttive su come agire provenivano da soggetti in stato di detenzione.

In tale contesto sono stati individuati gli esecutori materiali di due omicidi, commessi nel 1984 e nel 1991 per consolidare la supremazia della “famiglia Sanfilippo” sui gruppi mafiosi rivali.

In particolare nel 1984 un operaio edile di 22 anni di Mazzarino, sospettato di appartenere a uno dei gruppi criminali rivali, sarebbe stato attirato con l’inganno in un luogo isolato e strangolato dopo essere stato violentemente percosso. Il corpo non è mai stato ritrovato.

Nel 1991, un uomo di 28 anni di Mazzarino, sospettato di essere il custode delle armi per conto di uno dei clan rivali, prima di essere strangolato sarebbe stato lungamente interrogato, percosso e mutilato mediante il taglio delle orecchie, del naso e delle dita. Il corpo, gettato all’interno di un pozzo nelle campagne mazzarinesi, non è stato mai ritrovato.

Le estorsioni

Capitolo estorsioni: anche questo è una fonte importante per il sostentamento economico della famiglia Sanfilippo e impegnava molti degli appartenenti all’organizzazione, compreso il boss detenuto Salvatore Sanfilippo che sfruttava gli incontri con i propri familiari, per ricevere aggiornamenti sulle attività illecite poste in essere dal clan e per impartire le direttive.

A essere presi di mira erano le principali attività commerciali della zona (operanti ad esempio nel settore della grande distribuzione o della ristorazione), quanto bar, piccoli artigiani e venditori ambulanti.

Le armi

L’associazione disponeva di grandi quantità di armi da fuoco, in alcuni casi ben nascoste. Le utilizzavano per il pieno controllo del territorio.

Nell’ambito delle indagini, infatti, sono stati rinvenuti un fucile, diverse parti di pistola calibro 9 e munizionamento.

Il traffico di sostanze stupefacenti

Per ultimo, l’associazione era finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti operante a Mazzarino e Gela, ma con un canale di approvvigionamento diretto dalle cosche Calabresi.

A tal proposito, da ricordare l’episodio del bacio tra il capoclan di Mazzarino e il fornitore calabrese (della provincia di Vibo Valentia), avvenuto nel carcere di Sulmona, che testimonierebbe il fatto che i due fossero pienamente coscienti dell’apporto dei componenti del gruppo mazzarinese e delle varie gerarchie interne.

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