Contrada dopo il verdetto della Corte Europea: “Mi hanno voluto togliere di mezzo”

PALERMO – “Lo sa cosa mi ha detto gente del mestiere, che sa, qualche tempo fa? Ti hanno voluto togliere di mezzo“. Sono queste le parole forti e incisive, apparse in un’intervista su La Repubblica, di Bruno Contrada ex dirigente della Polizia di Stato e del Sisde condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.

Il commento di Contrada fa riferimento al verdetto della Corte europea dei diritti umani che ha giudicato inammissibile la sua condanna per concorso esterno in associazione mafiosa perché, all’epoca dei fatti (1979-1988), il reato non “era sufficientemente chiaro

La mia vita è stata devastata per 23 anni. E adesso lo dice anche la Corte europea per i diritti dell’uomo – commenta Contrada – La giustizia europea è importante ma adesso mi interessa quella italiana. Voglio che la mia sentenza di condanna venga annullata con un giudizio di revisione“.

I guai dell’ex dirigente sarebbero  iniziati nel 1992, quando ricevette l’incarico dal direttore del Sisde di riorganizzare il servizio segreto civile per contrastare il pericolo dell’eversione mafiosa.A qualcuno non faceva piacere, nonostante il governo avesse dato indicazioni precise in tal senso. La Direzione investigativa antimafia – puntualizza Contrada – non gradiva assolutamente. All’epoca, era diretta dal generale Tavormina, il suo vice operativo era Gianni De Gennaro, che aveva un grado inferiore al mio. Ci muovevamo su strade parallele“.

In quel periodo del 1992 Contrada aveva  “un’indicazione importante per catturare uno dei due latitanti più pericolosi di Cosa nostra: Bernardo Provenzano. Una fonte mi aveva passato i numeri di cellulare di alcune persone vicinissime al boss. D’intesa con il capo della polizia Vincenzo Parisi era stato creato un gruppo di lavoro misto, con elementi della Criminalpol e dei Servizi. Ma all’improvviso quel gruppo venne smantellato nonostante le ottime possibilità di arrivare all’obiettivo. E qualche settimana dopo io fui arrestato“.

Contrada, inoltre, aveva chiesto alla Corte di accordargli 80 mila euro per danni morali, ma la Corte ha stabilito che lo Stato italiano dovrà versargliene solo 10 mila.

Daniela Torrisi

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