SICILIA – Confisca di beni e applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza per cinque anni nei confronti di un imprenditore di origini calabresi, ritenuto attiguo alla cosca di ‘ndrangheta Grande Aracri.
L’esecuzione del provvedimento è stata messa in atto lo scorso 14 giugno, su delega del Tribunale di Bologna – Sezione Misure di Prevenzione, dal Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.) della Guardia di Finanza, con la collaborazione dei Nuclei PEF di Reggio Emilia e Mantova.
I beni sottoposti a sequestro
In particolare, nel dicembre dello scorso anno erano stati sottoposti a sequestro beni e partecipazioni in nove società, nonché disponibilità finanziarie, per oltre 300.000 euro.
Le indagini per l’applicazione della misura di prevenzione personale e patrimoniale erano scaturite a seguito di una interdittiva antimafia, emessa dalla Prefettura di Reggio Emilia, nei confronti di una serie di società, operanti nel settore edile, riconducibili al citato imprenditore ed inserite, inizialmente, nel circuito delle imprese preposte all’opera di ricostruzione avviata successivamente all’evento sismico del 2012 che ha interessato le province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova e Reggio Emilia.
Gli interessi per la cosca di ‘ndrangheta Grande Aracri
Alla luce del provvedimento interdittivo, la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo aveva delegato allo S.C.I.C.O. una serie di approfondimenti, anche sotto il profilo patrimoniale, al cui esito era emersa, da un lato, una evidente sproporzione patrimoniale rispetto alla sua capacità reddituale lecita; dall’altro, la presenza di elementi significativi circa la pericolosità sociale dell’imprenditore in relazione all’asservimento delle sue attività economiche, con l’emissione di false fatturazioni e con l’assunzione della qualità di prestanome, agli interessi della cosca di ‘ndrangheta Grande Aracri, sodalizio criminale operante nella provincia di Crotone (KR) con importanti ramificazioni anche in territorio emiliano.
Operazione “Aemilia“
Tale presenza è testimoniata, tra le altre, dall’operazione “Aemilia“ con cui, nel 2015, furono arrestate 160 persone tra Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Calabria e Sicilia, per i reati, tra gli altri, di associazione mafiosa, estorsione ed intestazione fittizia di beni e il cui iter giudiziario ha già avuto da parte della Corte di Cassazione conferma della sentenza di condanna per oltre 70 posizioni.
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