AGRIGENTO – “Per il suo audace e ingegnoso rilancio dell’arte drammatica e scenica”. Con queste parole, rimaste immortali, l’8 novembre del 1934 l‘Accademia di Svezia conferiva allo scrittore e drammaturgo siciliano Luigi Pirandello il prestigioso Premio Nobel per la Letteratura.
Un successo clamoroso che consegnò al genio timido e riservato di contrada Càvusu a Girgenti, oggi nota come Agrigento, una fama indelebile che contribuisce ancor oggi a far echeggiare il suo nome così tra i libri di scuola come nei teatri di prim’ordine.
E ormai indelebile è anche la reazione che Pirandello ebbe davanti alla schiera di giornalisti e fotografi che approdavano nella sua casa del quartiere Nomentano, a Roma, poche ore dopo l’arrivo del telegramma inviatogli da Per Hallström, segretario permanente dell’Accademia di Svezia, che gli comunicava il grande riconoscimento.
“Pagliacciate! Pagliacciate! Pagliacciate!” avrebbe infatti battuto da lì a poco a macchina per ben 27 volte su un foglio di carta il poeta dall’inconfondibile pizzetto bianco. Una protesta silenziosa messa in atto non certo nei confronti del Premio Nobel, bensì verso quella schiera di sconosciuti che avevano improvvisamente fatto “irruzione” nella quiete della sua residenza, suggerendogli addirittura come mettersi in posa davanti agli invadenti obiettivi.
Una serie di imposizioni artificiose che, evidentemente, furono digerite a fatica. È passata alla storia, poi, l’altra particolare “protesta”, se così si può chiamare, inscenata un mese dopo alla consegna del premio a Stoccolma davanti al re di Svezia, Gustavo V. Pirandello, infatti, fu l’unico fino a quel momento a non pronunciare un discorso ufficiale davanti alla platea.
Secondo un’ipotesi avanzata da Andrea Camilleri, altro illustre scrittore e drammaturgo siciliano, l’autore di “Uno, nessuno e centomila“, “Il Fu Mattia Pascal” e “Il treno ha fischiato” avrebbe scelto di restare in silenzio per prendere probabilmente le distanze da Mussolini e dal regime fascista da cui, nonostante la sua chiara adesione compiuta diversi anni prima, ne sarebbe rimasto profondamente deluso.
Pirandello, che morì di polmonite esattamente due anni dopo l’onorificenza del Nobel per la Letteratura, dichiarò inoltre nel suo testamento di non voler ricevere commemorazioni sontuose, preferendo altresì una sepoltura semplice e solitaria. La morte lo colse il 10 dicembre 1936 dopo alcuni giorni di malattia lasciando incompiuta la sua ultima opera “I giganti della montagna“.
Fonte immagine Italiani.it