“South Working”, lavorare al Nord ma dal Sud: il progetto siciliano contro la “fuga dei cervelli”

“South Working”, lavorare al Nord ma dal Sud: il progetto siciliano contro la “fuga dei cervelli”

PALERMO – Proprio nei momenti più difficili e delicati, in cui bisogna mettersi in gioco realmente, nascono le idee migliori. Ad ogni modo, per compiere passi avanti è necessario sbilanciarsi un po’ e effettuare un “salto nel buio”.

South Working, di cosa si tratta

Durante il lockdown, infatti, che ha cambiato inevitabilmente il nostro modo di vedere le cose e ha rivoluzionato i nostri ritmi, è venuto alla luce il progetto “South Working“, iniziativa di Global Shapers – Palermo Hub volta nello specifico a promuovere il lavoro dal Sud, con l’obiettivo di contrastare la “fuga dei cervelli” e permettere di lavorare – per le aziende che non richiedono una presenza fisica costante nella sede – permanentemente a distanza (possibilmente in lavoro agile, smart working) dal luogo in cui si preferisce.

In sostanza, lo scopo principale è quello di continuare la propria attività lavorativa senza la necessità di spostarsi ma godendosi la propria terra e la vicinanza con i familiari e amici, elementi indispensabili soprattutto per la vita di un siciliano.

Il progetto

Ai microfoni di NewSicilia è intervenuta Martina Derito, Systemic and Graphic Designer, che si occupa proprio della grafica e della comunicazione. Sull’obiettivo fondamentale dell’iniziativa, considerata su un più ampio spettro, ci ha detto: “Desideriamo rendere il Meridione attrattivo per tutti, guardando al progetto in una prospettiva globale e, quindi, attraendo in Italia anche cittadini europei o extraeuropei“.

E ancora: “Con South Working vogliamo ripensare le dinamiche occupazionali, consentendo un ampliamento sostanziale dell’offerta lavorativa nel Mezzogiorno con prospettive non più vincolate allo spostamento fisico, ma integrando modalità di lavoro agile che possano soddisfare le necessità aziendali e alti standard di benessere del dipendente. Per coloro in cerca di occupazione, si riscontra la necessità di nuovi stimoli e nuove esigenze che, abbinate a competenze digitali solide, possano tradursi in lavoro agile“.

Contrastare la “fuga di cervelli”

Inoltre, il tutto è volto a contrastare la “fuga di cervelli”, soprattutto siciliani, che, in cerca di fortuna, sono costretti a lasciare la “Terra del Sole” per costruirsi un futuro anche lontano da casa. Con South Working, invece, “stare a casa” diventa la priorità e, nel frattempo, si gettano le basi lavorative per realizzare i propri obiettivi: “Crediamo che questa possa essere una modalità capace di contribuire alla mitigazione degli effetti indesiderati dei flussi di ‘emigrazione forzata’ dal Sud al Nord, rilanciando, quindi, sia le prospettive di lavoro dal Sud Italia, quanto il tessuto economico locale. Per i giovani lavoratori ‘emigrati’ che si sono allontanati da casa per necessità o per trovare una soluzione lavorativa che potesse garantire migliori condizioni di vita, ma anche più semplicemente per i lavoratori che vogliano spostarsi altrove per vivere, vogliamo concretizzare la possibilità di ristabilire un ‘work-life balance’ sostenibile“.

Un’iniziativa che avvantaggia tutti, non solo i lavoratori: “Le aziende potrebbero godere di considerevoli risparmi in termini di affitti e spese connesse alle necessità di convogliare in un unico luogo un numero considerevole di dipendenti. Esistono già studi di scienza dell’amministrazione che sottolineano i potenziali vantaggi del lavoro a distanza per obiettivi per il datore di lavoro, in termini di incremento di produttività, miglioramento delle competenze digitali dei lavoratori e della loro motivazione, riduzione degli straordinari e dei fenomeni di assenteismo (per le PA), ottimizzazione dei costi“.

Proprio questo è il cuore del progetto che vuole innescare un meccanismo che permetta alla società intera di crescere considerevolmente: “South Working vuole ripensare il rapporto tra impresa e dipendente, tra territorio e comunità, tra il Nord e il Sud d’Italia, tra il Nord e il Sud d’Europa, per promuovere una crescita sostenibile e una maggiore coesione territoriale e sociale. Infatti, crediamo che il Sud sia un concetto relativo. Siamo tutti il Sud di qualcun altro“.

Come nasce l’idea

Ma facciamo un passo indietro e vediamo da dove nasce l’idea del South Working. Martina Derito ci ha spiegato: “Il progetto nasce grazie all’idea di Elena Militello che, dopo essere tornata in Sicilia dal Lussemburgo a causa del ‘nemico invisibile’, ha deciso di non voler più andar via. Per Elena, che ha vissuto 10 anni fuori dalla sua terra, già da molti anni era nei piani il desiderio di poter tornare in Sicilia, ma sino ad ora era stato molto difficile mettere in pratica per mancanza di concrete possibilità lavorative“.

Nello specifico: “Una sua amica che lavora come avvocato in America l’anno scorso ha iniziato a lavorare a distanza per uno studio legale situato dall’altra parte del continente, recandosi di persona solo un paio di settimane all’anno e ricevendo persino un encomio per la migliore collaborazione in gruppo. I mesi trascorsi lavorando a distanza dalla Sicilia, pur con tutte le difficoltà legate all’emergenza sanitaria, hanno mostrato che questo modo di lavorare (a distanza in via permanente), per alcune professioni, è attuabile anche nel nostro Paese“.

Fonte immagine South Working – Lavorare dal Sud

Il team South Working

Il team è tutto composto da giovani, con la voglia di fare e costruire un futuro migliore per sé stessi e per le generazioni future, facenti parte dell’associazione Global Shapers – Palermo Hub, che si occupa proprio di sviluppare progetti di innovazione sociale e sviluppo sostenibile. La community Global Shapers, tra l’altro, è una realtà molto vasta che conta diverse sedi dislocate in ben 425 città di 148 Paesi. In particolare, l’iniziativa South Working è curata da:

  • Elena Militello, 27 anni, dottorato in Diritto e Scienze Umane (attualmente ha un contratto di ricerca all’Università del Lussemburgo);
  • Mario Mirabile, 26 anni, Scienze Politiche e Culture Globali (empowerment della comunità locale, analisi delle politiche e delle trasformazioni urbane);
  • Alessandro Kandiah, 28 anni, Analista di Politiche presso l’OCSE;
  • Martina Derito, 27 anni, Systemic and Graphic Designer;
  • Emanuele De Pasquale, 21 anni, studente di Giurisprudenza;
  • Antonio Campanile, 22 anni, studente di Giurisprudenza;
  • Ruben Dublo, 24 anni, Neolaureato in Innovation Management.

Inoltre, sin dall’inizio, collaborano anche altri ragazzi e ragazze tra i 25 e i 35 anni che hanno assunto il ruolo di advisor del progetto. Anche loro hanno esperienze di lavoro e studio di alto profilo al Nord o all’estero.

Allo stato attuale, il team si sta occupando di raccogliere i dati ottenuti tramite un questionario pensato appositamente, di organizzare i primi incontri con le aziende remote-friendly interessate al progetto. Mentre, per quanto riguarda i lavoratori, la squadra sta pensando alla creazione di una comunità che possa partecipare all’elaborazione della governance del progetto e che si sta concretizzando anche attraverso la cd. “Carta del South Working“. Infine, stanno avviando una rete di spazi di coworking (anche integrando quelle esistenti) che i “south worker” potranno sfruttare per contravvenire a tutte quelle criticità (psicologiche, creative, sociali, ecc…) che causa l’isolamento fisico.

Le idee per il futuro del South Working

Tante sono le idee per il futuro: possiamo considerare il team come una una “macchina” che sta lavorando senza sosta per rendere tutto concreto e attuabile. La nostra intervistata, a tal proposito, ci ha illustrato la situazione: “Nel breve termine desideriamo aumentare la consapevolezza delle possibilità che può offrire il ‘south working’ per tutti coloro che possono lavorare a distanza e dell’esistenza di contratti di lavoro strutturati per tale scopo. Lo stiamo facendo anche tramite una ricerca campionaria che possa chiarire in termini quali-quantitativi i volumi dei soggetti interessati e coinvolti. Lo strumento di tale ricerca è lo stesso questionario che sta già circolando con ampia diffusione. Intendiamo darci una forma giuridica e lanciare un sito web dove raccogliere tutti i contributi dei potenziali interessati nelle modalità di una piattaforma di incontro“.

Ancora: “Nel medio termine vogliamo stimolare una collaborazione strutturata tra i vari soggetti interessati e tra i vari livelli di governo per agevolare chi decide di iniziare a lavorare in modalità ‘south working’ (ad esempio, puntando al miglioramento delle infrastrutture digitali necessarie a un lavoro sicuro ed efficiente; partecipando a bandi comunali, regionali, nazionali ed europei per la creazione di spazi di coworking e per il miglioramento di quelli esistenti, con l’obiettivo di promuovere la coesione sociale e territoriale, la partecipazione, la collaborazione intergenerazionale e la socialità come valori fondamentali)“.

Infine: “Nel lungo periodo, immaginiamo di creare una maggiore flessibilità per una vasta gamma di lavoratrici e lavoratori, anche a livello intraeuropeo, che potranno approfittare delle reti di soggetti già esistenti per una maggiore mobilità, una maggiore qualità della vita, una maggiore vicinanza alle proprie reti sociali, rammentando sempre che il Sud rimane un concetto relativo“.

Cosa pensano gli utenti del progetto

Il feedback degli utenti è più che positivo e, infatti, in molti si mostrano interessati al South Working, dato che lavorare in un posto che non sia la Sicilia, per chi vi è nato e cresciuto, può risultare davvero difficoltoso. L’attaccamento all’Isola per i siciliani è un fattore che, da sempre, li contraddistingue e South Working vuole proprio ovviare al “problema” di dover – per forza – partire lasciando tutto.

Martina Derito ha concluso: “Centinaia di persone stanno dimostrando attivamente il desiderio di promuovere l’iniziativa, anche impegnandosi personalmente. Più di mille persone hanno risposto al nostro questionario, confermando l’ipotesi di un interesse nei confronti di questa possibilità. Il 26 maggio abbiamo aperto la pagina Facebook e solo nell’ultima settimana abbiamo avuto oltre 4.400 interazioni con la nostra comunità“. Sono tutti segnali che qualcosa sta cambiando o che comunque questa è la strada giusta da percorrere, la chiave di lettura corretta.