Rischia di finire in prescrizione il processo sulla morte di Chiara La Mendola, i familiari chiedono giustizia

Rischia di finire in prescrizione il processo sulla morte di Chiara La Mendola, i familiari chiedono giustizia

AGRIGENTO – Non sono bastati un anno e undici mesi per dare seguito alla sentenza, il cui deposito delle motivazioni era previsto inizialmente in 90 giorni, in merito alle accuse a carico di due funzionari del Comune di Agrigento, riconosciuti colpevoli di omicidio colposo. Il processo sull’incidente che ha causato la morte di Chiara La Mendola, la giovane deceduta a seguito di un sinistro stradale, rischia adesso di finire in prescrizione e, di conseguenza, il risarcimento rimanere “inattivo“. I genitori e uno dei fratelli della ragazza morta 9 anni fa, durante un incidente con il motorino a causa di una buca con dell’acqua all’interno, avvenuto in viale Cavaleri Magazzeni, ad Agrigento, si dicono pronti a incatenarsi davanti alla Corte di Appello e a rivolgersi al ministro dell’Interno, Carlo Nordio.

L’IMPOSSIBILITÀ DI RICORRERE IN CASSAZIONE E UN NULLA DI FATTO

La sentenza, che confermava quella emessa il 12 luglio del 2018 dal Tribunale di Agrigento, è stata emessa dai giudici della seconda sezione della Corte di appello di Palermo il 19 aprile del 2021. Un anno dietro le sbarre, per l’accusa di omicidio colposo, è la pena inflitta al dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Agrigento Giuseppe Principato e al responsabile del servizio di viabilità Gaspare Triassi. La vittima, in particolare, secondo quanto è stato accertato durante il processo, avrebbe perso il controllo del suo mezzo Scarabeo per colpa della buca citata in precedenza, finendo sotto le ruote di un’auto che proveniva dalla direzione opposta. Per Chiara La Mendola non c’è stato nulla da fare, è morta sul colpo prima ancora che arrivassero i soccorsi per le manovre di primo intervento.

Al di là della fin troppo dichiarata mancanza di fondi, il Comune di Agrigento disponeva comunque di quelli necessari, oltre che del personale, della struttura e dei mezzi, per compiere quantomeno i piccoli lavori di manutenzione ordinaria, quali la copertura di una buca sull’asfalto o anche solo, appunto, per segnalare l’insidia agli utenti della strada“, scrive il giudice Giuseppe Miceli nelle motivazioni della sentenza di primo grado. Verdetto di cui, successivamente, è stata data conferma. Non sono state, però, consegnate le motivazioni, con l’oscura conseguenza che non è stato possibile ricorrere in Cassazione.

LA LETTERA DEI FAMILIARI DI CHIARA 

Questo inammissibile ritardo del giudice Alfonsa Ferraro, incaricata di redigere la sentenza, nel depositare tale sentenza – fanno sapere i familiari di Chiara in una lettera firmata anche dal loro legale, Daniela Principato, e indirizzata ad Antonio Napoli, presidente di sezione della Corte di appello – si colloca in stridente, violento e oltraggioso contrasto con le leggi dello Stato Italiano, oltre che con sentimenti e diritti di noi congiunti della povera Chiara».

I familiari della vittima aggiungono: “I nostri avvocati, che ci hanno assistito vittoriosamente in primo grado e in appello, sin dalla stessa sera di quel tremendo 30 dicembre 2013, gli avvocati Giuseppe Arnone e Daniela Principato, ci hanno chiesto di sospendere la protesta pubblica che – su suggerimento di amici giornalisti – volevamo porre in essere, noi congiunti, incatenandoci per protesta davanti alla Corte d’appello di Palermo, scrivendo e coinvolgendo il ministro Carlo Nordio. Con la presente missiva – aggiungono – sottoponiamo alla sua attenzione, questo caso di pacifica illegalità e violazione di legge, da parte della giudicante Alfonsa Ferraro, che omette di scrivere la sentenza da 23 mesi. I nostri legali, Arnone e Principato, ci hanno anche mostrato gli articoli di stampa della scorsa estate, riguardanti un’altra vicenda scandalosa, se vogliamo, ancora più scandalosa, concernente la scarcerazione di soggetti condannati per mafia, anche in appello, a pene pesantissime (la mafia di Borgetto), scarcerati perchè non è stata depositata, entro i termini, la relativa sentenza“.

In foto la vittima Chiara La Mendola