Cronaca

Mancanza di servizi base e scarsa qualità di vita: città siciliane in coda alla classifica

PALERMO – Vivere al Sud continua a essere una sfida. È una situazione che esiste da sempre e che sembra non voler cambiare. A dimostrarlo puntualmente ogni anno l’indagine sulla qualità della vita nel nostro Paese realizzata da Italia Oggi con l’università La Sapienza di Roma.

Le città siciliane, infatti, confermano di essere tra le peggiori. Agrigento si posiziona all’ultimo posto, ma non sono da meno neanche Catania, Siracusa e Palermo che si trovano in coda alla classifica. La provincia in cui si vive meglio è Bolzano, seguita da altre città del Nord. Invece, per trovare quelle del Mezzogiorno bisogna arrivare fino al 69esimo e al 70esimo posto.

Se in generale in Italia si vive bene con 65 su 107 province in cui la qualità di vita è buona o accettabile, al Sud e nelle isole è ancora un obiettivo da raggiungere. “È risaputo l’enorme divario che esiste tra Meridione e Settentrione – dichiara Michele Sorbera, presidente di Confesercenti Sicilia -. Una problematica che al momento non vede miglioramenti. Le città siciliane in alcuni casi anziché risollevarsi, al contrario vanno sempre più in basso, allontanandosi da quelle condizioni ottimali che dovrebbero offrire tutti i territori. Se scalano qualche posto è una cosa irrilevante dato che persistono a posizionarsi nella parte inferiore della classifica”.

Per realizzare il report sono stati presi in considerazione nove parametri: affari e lavoro, ambiente, criminalità, disagio sociale e personale, popolazione, servizi finanziari e scolastici, sistema salute, tempo libero e tenore di vita, con 21 sottodimensioni e 84 indicatori di base.

Focalizzandoci sulla nostra isola, Agrigento, che veste la maglia nera, risulta carente quasi sotto tutti gli aspetti e le dimensioni della qualità della vita; fanno eccezione la dimensione demografica e la sicurezza. “Proprio la mancanza di servizi basilari contribuisce anche alla fuga dei giovani siciliani. Questi disagi inevitabilmente li influenzano e spesso si ritrovano costretti ad abbandonare la propria terra per cercare condizioni di vita più adatte alle loro esigenze”, afferma il presidente.

Dalla ricerca emerge, dunque, che i meridionali vivono con una qualità di vita insoddisfacente. Questo li spinge a cercare altrove sbocchi lavorativi e possibilità di miglioramento. “Regione e Comuni dovrebbero intervenire ed è compito loro capire perché mancano questi servizi – conclude Sorbera -. Si dovrebbero attuare provvedimenti concreti che con il tempo possano portare a un reale sviluppo e cambiamento”.

Veronica Nicotra

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