AGRIGENTO – La Polizia di Stato, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Palermo, ha eseguito questa mattina tre ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di tre individui. Uno di questi era già stato condannato in via definitiva per appartenenza alla mafia denominata “stidda“.
Sono ritenuti responsabili di estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Le indagini su episodi estorsivi nell’Agrigentino
Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile di Agrigento e dal Commissariato di Canicattì, sono iniziate nell’aprile dello scorso anno dopo l’incendio che ha danneggiato la saracinesca di un magazzino a Canicattì.
Gli investigatori ipotizzano che gli arrestati, per proteggere gli interessi economici e imprenditoriali del titolare di un’autofficina, anch’egli arrestato, abbiano costretto la vittima dell’estorsione a non affittare un magazzino di sua proprietà a un potenziale concorrente. Con atteggiamenti minacciosi, si sono presentati presso l’abitazione della vittima, con uno degli arrestati, noto per la sua appartenenza alla “stidda”, che ha esplicitamente minacciato la vittima, dichiarando di comandare nella zona.
“La faccia tanta” per impedire l’affitto del locale
Uno dei correi ha minacciato la vittima dicendo che le avrebbe fatto “la faccia tanta” se avesse affittato il magazzino.
Il condannato per appartenenza alla stidda era stato coinvolto nella guerra tra la stidda e cosa nostra tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. Diversi collaboratori di giustizia lo avevano indicato come membro del gruppo stiddaro di Canicattì, facendolo diventare un bersaglio per cosa nostra, che intendeva eliminarlo. Suo figlio era stato ucciso dal clan rivale durante questa guerra di mafia.
Il racconto della vittima
Le indagini hanno beneficiato anche delle dichiarazioni della vittima e dei suoi familiari, che hanno raccontato alla Polizia di Stato della spedizione intimidatoria messa in atto dai tre arrestati poche settimane prima del danneggiamento, opponendosi così al sistema mafioso di controllo del territorio.
Il provvedimento, emesso dal G.I.P. di Palermo, si basa su gravi indizi di colpevolezza. Le responsabilità penali per i fatti indicati saranno accertate in sede di giudizio.
Le immagini video