Cronaca

Colpo basso alla malavita agrigentina: 29 fermi, tra cui Fabrizio Messina e Pietro Capraro

AGRIGENTO – Colpo basso alla malavita agrigentina dove le Autorità hanno eseguito 29, dei 30, fermi disposti dalla Dda di Palermo a carico di agrigentini e nisseni.

I soggetti sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di droga, detenzione ai fini di spaccio; tentata estorsione e associazione mafiosa.

Sono state eseguite anche perquisizioni personali e domiciliari delegate dalla Procura distrettuale nei confronti di ulteriori 20 soggetti indagati nel medesimo procedimento penale.

Il numero complessivo degli indagati è infatti di 50 persone.

Colpo basso alla malavita agrigentina: 29 fermi

Contestati anche diversi danneggiamenti, ma anche il favoreggiamento personale.

I provvedimenti sono stati notificati ad Agrigento, Porto Empedocle, Favara e Canicattì, ma anche a Gela.

I nomi e i dettagli

Fra i fermati spiccano nominativi di un certo calibro, come l’empedoclino Fabrizio Messina, fratello del boss Gerlandino, e Pietro Capraro della famiglia mafiosa di Agrigento-Villaseta.

All’alba di oggi, 17 dicembre 2024, i carabinieri del comando provinciale di Agrigento, in Agrigento, Favara (AG), Canicattì (AG), Porto Empedocle (AG), Santa Margherita Belice (AG), Mazara del Vallo (TP), Partanna (TP), Campobello di Mazara (TP), Castelvetrano (TP) e Gela (CL), con il supporto dei colleghi dei comandi provinciali di Palermo, Trapani e Caltanissetta, del Nucleo Eliportato Cacciatori di Sicilia, dei Nuclei Cinofili di Palermo e Nicolosi e del 9° Nucleo Elicotteri di Palermo, hanno dato esecuzione a un provvedimento di fermo di indiziati di delitto emesso dalla Procura della Repubblica di Palermo – Direzione Distrettuale Antimafia  – sottoponendo a fermo 23 indagati, tutti cittadini italiani, gravemente indiziati, a vario titolo, di appartenere all’organizzazione mafiosa denominata “Cosa Nostra”, di far parte di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e altro. 

Contestualmente sono state eseguite perquisizioni personali e domiciliari delegate dalla Procura distrettuale nei confronti di ulteriori 20 soggetti indagati nel medesimo procedimento penale.

Le indagini

Il suddetto provvedimento trae origine dalle attività d’indagini svolte dal Nucleo Investigativo del Reparto Operativo carabinieri di Agrigento e dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, dal mese di dicembre 2021 a tutt’oggi.

Gli accertamenti avevano ad oggetto la ricostruzione dell’organigramma e delle attività criminali delle famiglie mafiose di Porto Empedocle e di Agrigento/Villaseta.

Il tutto con probabilmente a capo rispettivamente Fabrizio Messina, pregiudicato di 49 anni, e Pietro Capraro, pregiudicato di 39 anni.

A dimostrazione che, pur essendo stata sensibilmente intaccata nel corso degli anni da varie operazioni, “Cosa Nostra” agrigentina è tutt’oggi pienamente operante, dotata di ingenti disponibilità economiche e di numerose armi.

Per di più in un contesto caratterizzato da una instabilità degli equilibri mafiosi faticosamente raggiunti nel tempo, cui si aggiungono i sempre più pericolosi, persistenti e documentati collegamenti tra gli associati ristretti all’interno del circuito carcerario e gli ambienti criminali esterni.

È stato riscontrato, infatti, un sistematico utilizzo di apparecchi telefonici da parte degli uomini d’onore, o di soggetti contigui al sodalizio, durante i rispettivi periodi di detenzione, lasciandone in tal modo inalterate le capacità di comando e consentendo loro di mantenere i contatti con i correi in libertà e di impartire ordini e direttive.

Come operava l’associazione mafiosa

La capacità dell’associazione mafiosa di controllare le dinamiche criminali del territorio è emersa in modo evidente, essendosi raccolti chiari elementi dimostrativi della commissione di numerosi reati (estorsioni, detenzioni di armi, incendi e danneggiamenti) tutti realizzati avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416 bis c.p.

Nel corso dell’attività investigativa, si ritiene dunque che i sodali, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dall’appartenere all’organizzazione mafiosa denominata “Cosa Nostra”:

  • costringevano l’amministratore di una società aggiudicataria dei lavori di raccolta e di trasporto di rifiuti nel Comune di Agrigento, ad assumere quali operai almeno cinque persone a loro legate per vincoli familiari o comunque di loro fiducia;
  • costringevano il legale rappresentante di una società di carburanti ad interrompere il rapporto lavorativo con un dipendente per sostituirlo con un’altra persona a loro gradita;
  • davano fuoco, al fine di danneggiarli, a due autocarri intestati a una ditta di costruzioni;
  • costringevano l’amministratore della società aggiudicataria dei lavori di riqualificazione della Piazza della Concordia del quartiere di Villaseta, ad assumere quale operaio una persona a loro gradita; inoltre costringevano anche la ditta aggiudicataria in subappalto degli stessi lavori ad assumere operai a loro graditi;
  • consumavano una rapina nel distributore DB di Villaseta, durante la quale s’impossessavano della somma di 400 euro che sottraevano al dipendente utilizzando violenza e minaccia.

Altri episodi

E ancora:

  • costringevano il titolare di un bar di Agrigento ed i suoi dipendenti, ad erogare loro cibi e bevande senza pagarne il corrispettivo, così procurando a sé l’ingiusto profitto conseguente alla consumazione gratuita di generi alimentari;
  • costringevano, mediante ripetuti atti di violenza e minacce esplicite, il titolare di un esercizio commerciale di Agrigento a corrispondere loro mensilmente la somma di 1.000 euro, così procurando a sé e ad altri l’ingiusto profitto conseguente all’indebita acquisizione della somma di denaro;
  • davano fuoco, al fine di danneggiarlo, a un furgone intestato ad una rivendita di bevande di Porto Empedocle;
  • in altra circostanza esplodevano diversi colpi d’arma da fuoco nei confronti della saracinesca della suddetta rivendita;
  • esplodevano, quale azione dimostrativa a scopo d’intimidazione, diversi colpi di arma da fuoco in direzione della porta d’ingresso dell’abitazione di un uomo di Agrigento, resosi colpevole di aver avuto un litigio con il figlio di uno dei sodali.

Traffico di stupefacenti

Oltre a quanto sopra descritto, gli esponenti di vertice delle famiglie mafiose di Porto Empedocle e Agrigento-Villaseta risultano, inoltre, avere diretto e promosso due ulteriori distinte associazioni dedite al traffico di sostanza stupefacente. Queste hanno acquisito in piena sinergia tra loro il monopolio di siffatto redditizio settore criminale nella provincia di Agrigento.

Entrambi i sodalizi criminali hanno, peraltro, dimostrato di possedere una non comune capacità di approvvigionamento mediante l’attivazione di contatti e rapporti commerciali non solo con i gruppi criminali delle altre province siciliane ma anche con altri gruppi sia nazionali che esteri (Belgio, Germania e Stati Uniti).

Numerosissimi sono stati i trasporti di ingente sostanza stupefacente e la sua relativa cessione a terzi al fine di essere ulteriormente rivenduta al dettaglio. Nel corso dell’indagine, infatti, le forze dell’ordine hanno sequestrato oltre 100 kg di hashish, oltre 6 kg di cocaina e, lo scorso mese di novembre, anche la somma in contanti di 120mila euro contenuta in cinque pacchi sottovuoto occultati all’interno di un’autovettura.

Gravi atti intimidatori

Le più recenti risultanze investigative hanno registrato un’improvvisa e allarmante recrudescenza di gravi atti intimidatori realizzati anche mediante l’utilizzo di armi. Probabilmente dovuta sia all’imposizione del rispetto della “competenza” territoriale sia ai tentativi di osteggiare l’egemonia del gruppo mafioso allo stato al vertice della famiglia di Agrigento-Villaseta.

Si profilava, pertanto, il concreto rischio che potesse verificarsi un crescendo di azioni intimidatorie che avrebbe potuto portare alla commissione di reati ancora più gravi, ovvero quella che gli stessi indagati definiscono una vera e propria guerra” di mafia.

Le perquisizioni

Nel corso dell’odierna operazione di polizia giudiziaria, le perquisizioni effettuate nei soggetti sottoposti a fermo e negli altri indagati, hanno permesso di rinvenire e sequestrare vari quantitativi di sostanza stupefacente. Nello specifico cocaina, hashish e denaro contante. Inoltre è finito in manette, in flagranza di reato, un ulteriore soggetto. Lo hanno trovato in possesso di circa 200 gr. di sostanza stupefacente di tipo cocaina e 2.700 euro in contanti.

Ultimate le formalità di rito, le forze dell’ordine hanno portato i fermati in vari istituti penitenziari della Sicilia a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

Si rappresenta che, per il principio della presunzione di innocenza, la posizione degli indagati non è definitivamente accertata. Il successivo giudizio di merito servirà a verificare le loro effettive responsabilità.

I nomi dei fermati

Domenico Blando, 67 anni, di Favara; Michele Bongiorno, 34 anni di Favara; Pietro Capraro, 39 anni, di Agrigento; Ignazio Carapezza, 33 anni, di Porto Empedocle; Carmelo Corbo, 46 anni, di Canicattì; Samuel Pio Donzì, 23 anni, di Agrigento; Carmelo Fallea, 50 anni, di Favara; Cosimo Ferro, 36 anni, di Castelvetrano; Francesco Firenze, 40 anni, di Castelvetrano; Giuseppe Focarino, 59 anni, di Palermo; Cristian Gastoni, 31 anni, di Agrigento; Angelo Graci, 60 anni, di Castrofilippo; Rocco Grillo, 32 anni, di Gela; Alfonso Lauricella, 58 anni, di Agrigento; Gaetano Licata, 41 anni, di Agrigento; Fabrizio Messina Denaro, 57 anni, di Castelvetrano; Fabrizio Messina, 50 anni, di Porto Empedocle; Gabriele Minio, 37 anni, di Agrigento; Giorgio Orsolino, 34 anni, di Agrigento; Roberto Parla, 46 anni, di Canicattì; Vincenzo Parla, 53 anni, di Canicattì; Giuseppe Pasqualino, 33 anni, di Gela; Calogero Prinzivalli, 41 anni, di Agrigento; Mirko Salvatore Rapisarda, 40 anni, di Gela; Emanuele Ricottone, 42 anni, di Marianopoli; Giuseppe Sottile, 38 anni, di Agrigento; Alfonso Tarallo, 44 anni, residente in Belgio; Angelo Tarallo, 44 anni, residente in Belgio; Guido Vasile, 66 anni, di Agrigento, Nicolò Vasile, 43 anni, di Agrigento.

Redazione

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