SANTA FLAVIA – Erano le 21 di domenica 28 luglio 1985 quando i sicari di Cosa nostra presero di sorpresa il commissario Giuseppe “Beppe” Montana sul molo di Porticello, a Santa Flavia (Palermo). Gli spararono in faccia, lasciandolo a terra in una pozza di sangue. Aveva ancora il sale sulla pelle, i capelli umidi e il costume da bagno. Poco prima aveva ormeggiato il piccolo motoscafo “Speedy el Sud”, con il quale aveva fatto un giro lungo la costa, accompagnato dalla fidanzata.
Giuseppe Montana era nato ad Agrigento l’8 ottobre del 1951. Cresciuto a Catania, dopo la laurea in Giurisprudenza era entrato nella Polizia di Stato, giungendo nel capoluogo siciliano nel 1982, all’indomani dell’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente di scorta Domenico Russo.
Era capo della sezione “Catturandi” della Squadra Mobile di Palermo, che si occupava di rintracciare e arrestare i mafiosi ancora latitanti. I colleghi lo chiamavano Serpico, come il personaggio interpretato da Al Pacino nel film di Sidney Lumet.
I successi investigativi
I tre anni a Palermo furono ricchi di successi investigativi, gli stessi che decretarono la sua condanna a morte da parte dei “padrini”. Nel 1983 aveva scoperto l’arsenale di San Ciro Maredolce, dove erano nascoste le armi delle famiglie Greco e Marchese, in quel momento in lotta con i corleonesi. Un anno dopo aveva arrestato il boss Tommaso Spadaro (amico d’infanzia di Giovanni Falcone), che si occupava del contrabbando di sigarette e del traffico di droga. Aveva collaborato, inoltre, al “maxi blitz di San Michele” del pool antimafia, eseguendo parte dei 475 mandati di cattura.
Montana aveva intuito che per stanare i capi di Cosa Nostra occorreva conoscere e frequentare il territorio. Riteneva, infatti, che un capomafia non potesse allontanarsi per troppo tempo dalla sua zona di influenza, altrimenti avrebbe perso il proprio potere. Solo pochi giorni prima di essere ucciso, Montana aveva portato a termine un’operazione che aveva condotto all’arresto di otto persone appartenenti alla famiglia di Pino Greco, detto “Scarpuzzedda”.
Palermo e la terribile estate del 1985
Con l’assassinio del commissario ebbe inizio una delle più terribili estati vissute da Palermo: in soli dieci giorni vennero assassinati tre investigatori della Squadra Mobile. Si era avverata così la triste “profezia” pronunciata dallo stesso Montana in seguito all’uccisione del magistrato Rocco Chinnici: “A Palermo siamo poco più d’una decina a costituire un reale pericolo per la mafia. E i loro killer ci conoscono tutti. Siamo bersagli facili, purtroppo. E se i mafiosi decidono di ammazzarci possono farlo senza difficoltà“.
Un mese dopo la morte del commissario Montana si verificò uno spiacevole episodio. In occasione del trigesimo dell’omicidio, il padre chiese la pubblicazione a pagamento nella sezione dei necrologi del quotidiano La Sicilia del seguente testo: “La famiglia con rabbioso rimpianto ricorda alla collettività il sacrificio di Beppe Montana – commissario di P.S. – rinnovando ogni disprezzo alla mafia e ai suoi anonimi sostenitori“. Venne rifiutato.
Nel 1994, grazie alle rivelazioni del pentito Francesco Marino Mannoia, si è scoperto che il delitto fu eseguito grazie all’aiuto di una talpa di Cosa nostra negli uffici della polizia. Il 17 febbraio 1995 la Corte di Assise di Palermo ha condannato all’ergastolo i mandanti dell’assassinio Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Francesco e Antonio Madonia e Bernardo Provenzano, Raffaele e Domenico Ganci, Salvatore Buscemi, Giuseppe e Vincenzo Galatolo. Ergastolo anche per l’esecutore materiale del delitto, Giuseppe Lucchese.
Medaglia d’oro al valor civile per Beppe Montana
Beppe Montana, per il suo sacrificio, è stato insignito della medaglia d’oro al valor civile con la seguente motivazione: “Sprezzante dei pericoli cui si esponeva nell’operare contro la feroce organizzazione mafiosa, svolgeva in prima persona e con spirito d’iniziativa non comune, un intenso e complesso lavoro investigativo che portava all’identificazione e all’arresto di numerosi fuorilegge. Sorpreso in un agguato, veniva mortalmente colpito da due assassini, decedendo all’istante. Testimonianza di attaccamento al dovere spinto fino all’estremo sacrificio della vita“.
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