L’isteria e gli audio WhatsApp come “organo di informazione”: “famiglia di untori” danneggiata dalla cattiveria

L’isteria e gli audio WhatsApp come “organo di informazione”: “famiglia di untori” danneggiata dalla cattiveria

MONREALE – Follia, isteria e quel pizzico di cattiveria che in situazioni del genere non manca mai. L’emergenza Coronavirus ha portato, oltre agli ormai ben noti problemi di natura economica e sociale, anche l’emergenza isteria, con i social come principale veicolo della stessa.

Le fake news e, soprattutto, le terribili catene e audio WhatsApp riescono, in qualche modo, a essere più autorevoli e credibili degli organi di informazione più importanti della nazione o, addirittura, delle fonti ufficiali dei vari Ministeri per alcuni. È il caso di quanto accaduto a Monreale, in provincia di Palermo, dove un’intera famiglia sarebbe stata tacciata di essere un'”accozzagliadi untori, poiché contagiati tutti, nessuno escluso, da Coronavirus.

La fonte? Una serie di messaggi e audio passati da orecchio a orecchio, da chat a chat, da gruppo WhatsApp a gruppo WhatsApp, senza sosta, senza conferma. Il tutto, seguendo il principio del “Me l’ha detto mio cugino, quindi è vero“. Un tam-tam di messaggi e audio che avrebbero arrecato un danno enorme alla famiglia S., la quale avrebbe denunciato quanto accaduto attraverso Facebook.

N. S., avrebbe smentito quanto detto sul conto suo e della sua famiglia nelle ultime 48 ore. In questi due giorni infatti, a Monreale sarebbe iniziata una vera e propria “caccia all’untore“. Nel putiferio sarebbe finita pure il medico di famiglia, E. G., la quale avrebbe rassicurato tutti, anche il comandante della polizia municipale del comune di Monreale, riguardo l’ottima salute di cui gode l’intera famiglia.

Nel frattempo, gli “accusati” avrebbero sporto regolare denuncia. A seguire la famiglia nella lotta agli “untori di terrore” (come sarebbe meglio definire chi inoltra certi messaggi, sia che fosse vero, sia che non lo fosse) l’avvocato Piero Capizzi, il quale avrebbe confermato che nessuno dei coinvolti presenterebbe sintomi riconducibili al Coronavirus.

Immagine di repertorio