I De Xenya volano da Catania a Sanremo grazie alla loro musica: “Il rock italiano esiste ancora e si può fare bene” – INTERVISTA

I De Xenya volano da Catania a Sanremo grazie alla loro musica: “Il rock italiano esiste ancora e si può fare bene” – INTERVISTA

CATANIA – Un copione già scritto, una storia ben strutturata e uno “stereotipo” da portare avanti: come ogni rock band che si rispetti, i De Xenya pare che seguano il vademecum dell’artista perfetto, ma forse con qualche “errore”.

Tutto nasce a Catania alcuni anni fa, quando quasi per caso Agatino, Giuseppe e Gabriele hanno deciso di intraprendere insieme una splendida avventura, tanto difficile quanto ampia e potente era la loro passione. Così tra le loro tre teste “capellone” e dalle loro barbe già si scorgeva nascosta negli occhi una piccola scintilla, che nessuno all’inizio avrebbe mai pensato sarebbe scoppiata in un grande fuoco.

“Il nome ‘De Xenya’ è un’unione di due lingue morte. ‘De’ è una preposizione latina, mentre ‘Xenya’ è un termine greco e deriva da ‘Xenos’ (straniero) – iniziano a spiegare -. Tradotto in modo estremamente letterale e in parte scorretto, sarebbe ‘riguardo alle estraneità’. La scelta è motivata dal voler proporre qualcosa di estraneo all’attuale situazione musicale in lingua italiana, mischiando sonorità nord europee (legate a generi ‘metal’) a tipici testi intimisti e introspettivi, propri dell’indie rock nostrano”.

“Trattasi inoltre di un omaggio al poeta Eugenio Montale e alla sua raccolta ‘Satura’ (dedicata alla moglie scomparsa prematuramente), divisa in sezioni delle quali le prime due intitolate Xenia I e Xenia II, per l’appunto”, già qualcosa si discosta dall’idea dei rockettari “cattivi e ignoranti”. I De Xenya quasi rischierebbero di essere paragonati a dei poeti, sia per la delicatezza che trapela dalle loro parole che dall’immensa profondità dei loro testi, sempre zeppi di figure retoriche e citazioni.

Saranno pure poeti, ma la loro natura dedita alle sonorità “importanti” quasi li fa scivolare (non pienamente, si intende) nella povera setta dei poeti maledetti: non sempre fortunati e poco considerati dalla società, questi continuano a scrivere, a creare.

I loro inediti, però, come spesso succede nella scena musicale, spesso non hanno soddisfatto i canoni che gli ascoltatori seguono e apprezzano “senza sforzo”: “Molti locali ci sbattono la porta in faccia perché gli inediti per loro tolgono divertimento alla serata, questo perché una cover possono cantarla tutti, mentre una canzone originale spesso non la conosce nessuno. Non c’è il piacere della scoperta della nuova musica”.

“Noi proponiamo un progetto molto ampio che comprende tanti elementi a cui abbiamo dato un’attenzione particolare, inoltre col passare del tempo abbiamo mitigato il nostro stile alla richiesta che tende più al ‘commerciale’ solo per accontentare maggiormente chi ci ascolta, ma abbiamo comunque voluto mantenerci saldi nei nostri principi e fedeli al messaggio che vogliamo mandare: il rock italiano esiste ancora e non è vero che non può essere fatto bene”, continuano.

La fortuna ha voluto che i poeti alternative rock catanesi non venissero solo abbandonati e scartati, ma anzi che una casa discografica li notasse e credesse in loro: “La scoperta della Volcano Records & Promotion è stata casuale, mandavamo delle mail di notte e tra tutte le etichette abbiamo notato la Volcano, allora io ho scritto in inglese senza sapere che fossero di Torino. Loro scherzosamente hanno risposto in italiano sottolineando il mio errore e da lì è iniziato tutto. Abbiamo pubblicato il nostro secondo disco (Sussurri), siamo stati passati in varie radio, siamo riusciti a farci sentire leggermente di più e abbiamo guadagnato un piccolo seguito. Ma principalmente abbiamo gettato le basi per quello che è il nostro nuovo obiettivo: la vittoria alle nazionali di Sanremo Rock sul palco dell’Ariston, racconta il batterista.

La front cover di “Sussurri”

Infatti è proprio questa l’ultima vittoria che i giovani hanno conquistato: passate le selezioni regionali sotto gli occhi stupiti di tutti, i De Xenya, direttamente da Catania, voleranno a Sanremo per portare alto il nome della Sicilia e per far avverare i loro sogni.

“Da ‘bravi musicisti‘ siamo tutti disoccupati e le nostre finanze partono dal basso, anzi riescono a scendere sempre di più. Un disco autoprodotto e la scarsezza di concerti live hanno fatto sì che la nostra passione purtroppo gravasse anche sulle tasche dei nostri genitori. Quando hai una band indie purtroppo è sempre un terno al lotto, devi sperare che il disco che hai creato piaccia a qualcuno e che da lì il tutto sia stato un buon investimento che sarà o a fondo perduto o la base della tua famosissima carriera”.

I sogni costano, come hanno spiegato, ma ce ne sono altri che in maniera totalmente gratuita prendono piede nelle menti dei De Xenya, belli o brutti che siano.

Gli scenari peggiori? “Restare chiusi in bagno prima di salire sul palco, perdere il treno, scioglierci come band, un nuovo lockdown (ancor peggio se siamo già arrivati lì) con conseguente annullamento del festival”.

Grandi paure, però, accompagnano grandissime speranze: “Sogniamo di fare dei tour, di aprire il prossimo Firenze Rock e di essere notati da alcune rinomate case discografiche.

Il futuro è ancora un grande punto interrogativo, ma l’augurio è che ogni giovane artista trovi la sua strada e riesca a farsi valere, a far ascoltare al proprio pubblico la sua anima grazie a quel che produce. In questo caso la speranza è anche che i De Xenya possano coronare il proprio sogno, così da avere il coraggio di credere in qualcosa che sia sempre più grande e bello.