Raid a Sirte, la Sicilia è in area di guerra ma non può essere sfiorata: ecco perché

Raid a Sirte, la Sicilia è in area di guerra ma non può essere sfiorata: ecco perché

CATANIA – Droni e F16 verso la Libia da Sigonella, gli Awacs dalla base trapanese di Birgi: l’unico obiettivo è Sirte.

Si combatte così, a 300 chilometri dalle coste siciliane in linea d’aria, contro l’Isis: la Sicilia, così come in passato, avrà un ruolo strategico e potrebbe essere soltanto un’area di passaggio. 

Come può essere vinta questa battaglia? Le forze speciali della coalizione, quindi inglesi, francesi e statunitensi, agiranno via terra. Anche i soldati italiani giocheranno il proprio ruolo, proteggendo gli uomini dell’intelligence, coloro che segnalano gli obiettivi sensibili. Gli Awacs (Airborne Warning and Control System) che partiranno dalla base di Birgi sono dotati di moderni sistemi di allarme e di controllo, riuscendo a rilevare aerei distanti fino a 400 km e favorendo le operazioni di difesa.

Perché proprio Sirte? La zona è quella giusta, vi è infatti una potenziale perdita del controllo di aree petrolifere e quello dei barconi dei migranti: due elementi che garantiscono le risorse economiche del califfato. Ma se la base Isis cadrà, potrà essercene un’altra al fine di continuare la “missione” in Europa.

Che ruolo gioca invece la Sicilia? Lo abbiamo detto poc’anzi, sarà un’area prettamente strategica e utile agli americani per distruggere la base estremista. In merito alla tutela delle coste, sono i sistemi di controllo a pensarci, restano però delle possibilità di infiltrazioni a causa dei gommoni pieni di profughi anche se, finora, non sono stati segnalati casi eclatanti. Ma la nostra terra è la più importante di tutte le altre, perché è il paese degli sbarchi: qualora venissero creati dei problemi alla Sicilia, il business finisce. 

Una guerra che è già iniziata da tempo, ma che adesso tocca indirettamente a noi combattere: a prescindere che la base di Sigonella sia americana e che siano gli Usa ad allacciarsi gli scarponi e volare nel cielo libico, è da qui che parte tutto. 

In linea più generale però sale la tensione: il presidente del governo riconosciuto dall’Onu, Serray, ha chiesto una presenza maggiore da parte dell’Italia. E a Roma le opposizioni, se non al completo, recriminano il silenzio del governo sull’attività militare italiana in Libia. È un puzzle che sembra avere tutte le caselle ordinate e corrette, ma che in verità cela un disegno molto più ampio e per questo è bene riformularlo perché se si sbaglia, salta tutto.

E in questo puzzle la Sicilia è come il pezzo centrale: parte essenziale, intoccabile.