Pambieri superbo Leopardi al giardino di Kolimbetra

AGRIGENTO – Al giardino della Kolymbetra della Valle dei templi  ha ospitato  “L’infinito Giacomo – vizi e virtù di Giacomo Leopardi” per la regia di Giuseppe Argirò. Lo spettacolo è un ritratto inedito del poeta di Recanati,attraverso le sue opere, da un superlativo Giuseppe Pambieri accompagnato da musiche di Mozart, Bach, Beethoven, Chopin, Rachmaninov e Dvořàk.

Uno spettacolo che mette a nudo le imperfezioni del genio, la sua irregolarità che conduce alla solitudine, a un pellegrinaggio estenuante nell’universo. Leopardi è un re senza regno, è Amleto che arriva oltre il limite del conoscibile, supera la coscienza affermando la vita nel suo groviglio inestricabile di bene e male; per il genio tutto è noia, è tedio incommensurabile. Il poeta di Recanati, con lucido disincanto, affonda a piene mani nella verità e ne trae la radice del dolore.

È inutile chiedersi a che punto sia la notte; la notte non finisce mai. I regni, i globi, i sistemi, i mondi, non sono che una pallida rappresentazione del pensiero dell’uomo, ma l’anima giace nelle profondità ed è a tutti invisibile tranne al poeta che può profanare il suo mistero e consegnarlo all’uomo. Leopardi, affettuosamente Giacomo, in questo viaggio non appare così distaccato e lontano dai piaceri terreni, ma è vulnerabile, ansioso, riservato, schivo, eppure pervaso da un desiderio inesauribile di vita. Giacomo è goloso, non può fare a meno di dolci, cioccolata, paste alla crema e gelati. In questo ricorda Mozart, altra creatura divina nella sua sregolatezza. Non a caso alcune delle sue più scandalose composizioni, fanno da contrappunto agli aneddoti più divertenti della vita di uno dei massimi autori italiani. La biografia romanzata che esce fuori dalle pagine dell’Epistolario e dello Zibaldone, ricostruiscono un ritratto singolare ed inedito del poeta che, con grande sincerità, confessa le sue paure come la sua fobia per l’acqua.

Non mancheranno gli spunti divertenti per riflettere sul suo rapporto con l’eros e la sessualità. Nelle sue stesse parole, il desiderio di una vita normale è incessante: il dono della poesia appare spesso come una maledizione divina che lo segna come diverso, lo condanna a una sofferenza eterna e lo affranca contro ogni sua volontà dal mondo che lo circonda. Ecco, questa è la figura dilaniata, spesso scissa, combattuta e afflitta che la parola non può contenere. Leopardi non è tutto nella sua poesia. La sua ricerca affettiva attraversa i secoli e incontra una disperata umanità che per sopravvivere alla storia che avanza, non può che stringersi in una solidarietà reale che diventa l’unica possibilità di sopravvivenza, ancora oggi per tutti.