“Al mare non importa” di Manuel Bova

“Al mare non importa” di Manuel Bova

Il romanzo “Al mare non importa” di Manuel Bova racconta una generazione di giovani adulti, stanchi di indossare sempre lo stesso, identico vestito. Il nucleo narrativo ha tutta l’intenzione di esasperare il letto di un fiume abbandonato a sé stesso, perché prima o poi succede, la paralisi uccide più del fallimento. Da un rituale svogliato ci si può rialzare, ma se il grigio rifiuta la metamorfosi del colore, la cenere di un fuoco smarrito rimane in prima linea dall’alba al tramonto.

Non è la prima volta che il consenso di migliaia di follower sia ponte di una prima esperienza editoriale. Suggestiva la storia del giovane Manuel Bova, dei suoi brevi racconti condivisi sulle piattaforme digitali durante il domicilio forzato del lockdown. Succede che la realtà virtuale della sua scrittura incanti una editor del gruppo Mondadori sollecitata dal consenso di 100 mila follower.

Manuel Bova è un ingegnere genovese di 40 anni, insegnante di pilates. La passione per la scrittura lo accompagna quando ancora Facebook era solo un esperimento primordiale nella stanza di un college americano.

“Diario di un isolato” è il titolo della prima pubblicazione di Manuel Bova, il cui ricavato è stato destinato all’ospedale San Martino. Lo scrittore ama la sua città, Genova rappresenta il binario da cui partire, la stazione in cui tornare.

“Al mare non importa”, pubblicato il 14 febbraio da Sperling &Kupfer, racconta una vita mediocre come tante di un 40enne come tanti. Massimo di anni ne ha trentasette, una pergamena di laurea fiera della classica cornice in legno scuro, un lavoro che non lo soddisfa, l’ agenda aperta sugli orari delle partite di calcetto, il divano connesso alla Playstation.

E poi l’amore in brutta copia di qualche meteora incontrata su Tinder.

Una vita usata poco” come dice lui.

Vasco Rossi non sarebbe stato poi così immenso se fosse stato illuminato dalle note di una siffatta “vita spericolata”.

Massimo ha una vita, in realtà nessuna, da soggetto passivo è testimone di un’esistenza parallela a una giostra di rituali quotidiani che si incontrano senza alcun cenno di saluto.

Accade però che una luna insonne decida di dare appuntamento al sole in dormiveglia. Tutte le pagine mentali chiedono di essere riscritte dal fiume in piena dell’anima, finora il corso d’acqua ghiacciata si è fermato al primo strato di pelle manipolato dai troppi “se”.
Appare illogico come la cautela possa deviare il corso della vita contando i passi timorosi dell’improbabile precipizio. Massimo porta in giro il suo “adesso” avuto in prestito dalle ore certe di ripetere il pensiero confuso.

Lei ha un nome, Sara. L’ incontro si consuma nella sala d’attesa di un medico. Ordinaria casualità o strategia salvifica?
Due voci, due riverberi di luce con troppa fretta di ritornare nell’ombra sgradita ai sentimenti puri.

Questa è la generazione incredula della felicità possibile giusto il giro della lancetta più lunga e più veloce. Disillusa lo è diventata dopo aver perso la fiducia nelle stagioni migliori.

Sara apparsa e scomparsa sul finire del sogno ad occhi aperti. Per Massimo, ritrovarla equivale alla fuga dall’apatia che l’ha reso vittima consapevole del tempo senza rughe eppure stanco. Sfiderà a duello le vessazioni del disincanto libere di andare in giro nelle stanze del suo universo.

Il silenzio supplica una voce, quella di Sara circonda l’eco della sua, stremata sul divano. Non importa se ritrovarla sarà un lavoro di ore connesse al computer avaro di quel nome, il fiore apparso nel cristallo di ghiaccio lo aiuterà a liberarsi dal tempo in cui lui è mancato a sé stesso. La cenere che mai fiamma conobbe si dona a un nuovo cielo possibile solo se a qualcuno importa.

Il mare se ne frega
al mare non importa nulla di te
Il mare se ne frega perché lui sa che ci sarà anche domani
E’ un lusso che ha te non è concesso
hai meno tempo del mare
per questo dovresti dare valore al tempo che ti rimane“.

Prima o poi le acque promesse annulleranno il debito assopito in Massimo e sui mille volti di coetanei assuefatti al divano a dieta di vita.
Profonda compassione per la cantilena del battito, giacché il tremore apparecchiato dalle passioni spaventa gli occhi chiusi della felicità.

È tempo dell’addio all’ossessione di fissare il “qui e ora” fuori dalla vetrina che ne impedisce l’accesso. Ne trarrà virtù la liberazione dal vizio di scegliere il vuoto piuttosto che affrontarlo.

A me cambiare vita non è mai piaciuto.
il cambiamento mi spaventa.
A me cambiare vita non è mai piaciuto.
Fino a ieri“.

sara