“Storia di un fiore” di Claudia Casanova

“Storia di un fiore” di Claudia Casanova

Da sempre il paradiso ci viene illustrato come un giardino riservato alle anime pure. Dietro al cancello dell’Eden, un custode severo concede o respinge, il bene e il male subiscono l’esame di una dorata lente d’ingrandimento. La Natura è madre, la terra è il suo grembo fecondato il primo giorno di una ripetuta gestazione. Ogni filo d’erba ha la sua storia, ogni petalo racconta del seme che lo ha voluto fiore di un giardino fertile. Poesia non scritta sotto il cielo testimone della meraviglia.

Non leggeremo versi in “Storia di un fiore” di Claudia Casanova, eppure quella sacralità suggestiva, tipica della lingua gentile, dilaga tra le pagine del romanzo.

L’amore per la Natura entra nella culla di Alba Ruiz de Peñafiel con il suo micromondo di consapevole bellezza in cerca di mani alle quali affidarsi. La piccola Alba cresce in vigore intellettivo, e con esso la passione per i fiori si sviluppa in un autentico rapporto di dipendenza che contagia Luisa, la sorella minore, innamorata delle farfalle. Sorgente di questa storia d’amore con la natura è la madre delle due ragazze, Mercedes, una donna che intende educare le figlie secondo un profilo di emancipazione, un messaggio considerato azzardato per il tempo in cui trova cuore la storia. Le ragazze si promettono a vicenda di restare nubili per dedicarsi completamente allo studio, libere da ogni catena emotiva che possa infrangere il loro progetto di vita.

Siamo in Spagna, Terra di Castiglia, fine Ottocento. L’educazione femminile resiste a una visione contraria ai cambiamenti che, non potendo trovare sostegno in alcuna voce, continuano a stare seduti nei salotti obsoleti.

Nella casa di campagna “La Solariega”, vicino la città di Barcellona, l’estate offre profumi e una varietà di colori da fare invidia alla spettacolare esibizione di un pavone. Il paradiso della botanica mostra orgoglioso le meraviglie sparse tra i sentieri che alleggeriscono la fatica delle passeggiate lungo le vallate di Teruel. L’esplorazione di nuovi regni vegetali istruiti dalla convivenza con Madre Natura, anticipa la stagione della maturità alla vita ancora acerba. L’ impegno nello studio fa sì che Alba Ruiz de Peñafiel diventi un’esperta di botanica, nonché responsabile meticolosa della catalogazione di specie rare.

Alba si lascia trascinare dalle molteplici sfumature che irradiano la sua personalità, ora animata dall’entusiasmo, ora in ostaggio delle delusioni. L’ altalena emozionale rende ancora più inevitabile lo stop davanti al bivio-preludio di un sogno.

Si chiama Heinrich Moritz Willkomm, studioso di botanica, di patria tedesca, sposato. L’ uomo è lo scrigno segreto dentro cui Alba chiude a riccio il sentimento che in un romanzo dalle tinte leggere non poteva mancare. Willkomm ha moglie e figli, mentre la felicità della giovane è già stata promessa a un ricco uomo di potere, il futuro è stato scritto ma non ancora consumato. Saranno due amanti in una clessidra alla quale è stato imposto di scandire in fretta l’innocenza di un minuto. Il destino è stato più veloce, sarà necessario trovare qualcuno disposto a raccontare la storia di un fiore in lutto.

“Storia di un fiore”, storia di una nobile figura femminile sovrapposta al suo alter ego letterario Alba Ruiz de Peñafiel.

Il fiore protagonista della vera storia si chiama Blanca Catalán de Ocón, nata a Calatayud, Zaragoza, nel 1860. Fu la prima botanica spagnola a portare avanti gli studi sulla flora della regione dell’Aragona. L’incontro con Heinrich Moritz Willkomm provocò un gradevole impatto all’anima stupita di ragionare d’amore.

Comprensibile il disagio di una signorina dell’alta società di fine Ottocento in un laboratorio operativo di soli uomini, qual è l’approfondimento di una disciplina scientifica. Nonostante il disagio evidente, in stretta collaborazione con il botanico tedesco, Blanca riuscì a classificare una vasta gamma di fiori ancora sconosciute alla comunità scientifica.

Un fiore, la Saxifraga carpetana, definì la raccolta dell’erbario di Blanca, solo in un secondo momento rinominato da Willkomm
Saxifraga blanca dal latino “saxum (pietra) e frangere (rompere, spaccare)” per omaggiare la forte personalità della studiosa spagnola.

Questo fiore, infatti, si mostra al mondo dove nessun petalo potrebbe mai sperare di esibirsi in tutta la sua bellezza: tra le rocce. Da impavido soldato della natura, il fiore si fa spazio in un luogo inospitale, eppure riesce con la determinazione che gli appartiene, perché questo è il suo unico modo di venire alla luce. Non si arrende al primo fallimento, ma continua a perseverare nel suo obiettivo principale: rompere gli schemi (e le pietre) come riscatto della libertà.

Claudia Casanova chiude così la storia di una donna moderna del secolo scorso:

In questo romanzo ho voluto trasporre in finzione un duplice innamoramento: la passione di una ragazza del diciannovesimo secolo per la scienza botanica – che si ispira a fatti reali e alla persona di Blanca Catalán de Ocón, botanica vissuta a Teruel in quel secolo – e la storia d’amore tra la mia protagonista e un uomo di scienza tedesco, vicenda puramente fittizia e che pertiene soltanto al privilegio di uno scrittore: trasformare la realtà in sogni e far sognare con essi il lettore“.

sara

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