Processo ‘ndrangheta vibonese: testimone racconta di minacce contro procuratore Gratteri

Processo ‘ndrangheta vibonese: testimone racconta di minacce contro procuratore Gratteri

VIBO VALENTIA – Durante il processoRinascita Scott” alle cosche del Vibonese, svoltosi nell’aula bunker di Lamezia Terme, Antonio Mangone, di 58 anni, un testimone dell’accusa, riferisce di aver sentito alcuni imputati detenuti, come lui, nel carcere di Siracusa, pronunciare frasi minacciose nei confronti del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e dei suoi collaboratori. Mangone rivela di aver sentito Gianfranco Ferrante, imputato nel processo con l’accusa di essere organico alla cosca Mancuso di Limbadi, pronunciare frasi contro Gratteri: “Noi siamo una potenza. Non siamo mica morti e col tempo tutti questi la pagheranno e faranno una brutta fine“. C’erano anche affiliati di altre cosche, comunque – ha affermato, ancora, Mangone – che parlavano male di Gratteri“.

Secondo Mangone, Ferrante avrebbe fatto riferimento alle dichiarazioni di un pentito secondo il quale una cosca della ‘ndrangheta avrebbe progettato un attentato contro i figli del procuratore Gratteri: Faremo fare una brutta fine a Gratteri e ai suoi. La ‘ndrangheta è nata prima della leggeMangone ha chiesto al Tribunale lo status di collaboratore di giustizia e un programma di protezione per sé e la sua famiglia. Il presidente del Tribunale, Brigida Cavasino, ribatte che la decisione, riguardante la richiesta di Mangone, spetta unicamente ad altre autorità giudiziarie e non al tribunale, che sta attualmente presiedendo il processoRinascita Scott“.

Processo “Rinascita Scott”

Il processoRinascita Scott” riguarda le cosche della ‘ndrangheta del Vibonese, una provincia della Calabria, accusate di associazione mafiosa, traffico di droga e altre attività illecite. Il processo si sta svolgendo nell’aula bunker di Lamezia Terme, una città della Calabria, ed è uno dei più grandi processi contro la ‘ndrangheta degli ultimi anni. Il nome del processo fa riferimento a Domenico Scotti, il presunto capo della cosca della ‘ndrangheta di San Luca, che è stato ucciso nel 2016.

Il processo è stato aperto nel 2019, dopo un’indagine durata anni. I pubblici ministeri hanno accusato oltre 350 persone, tra cui alcuni presunti boss della ‘ndrangheta, di essere coinvolti in un’organizzazione criminale che controlla il traffico di droga nella Regione.

Oggetto di molta attenzione da parte dei media italiani e internazionali, poiché è considerato un importante passo nella lotta contro la ‘ndrangheta e il crimine organizzato in Italia, il processo è ancora in corso e si prevede che durerà ancora per molti mesi, se non anni.