Messina Denaro, si espande la rete di complici: arrestata coppia che ospitava il boss

Messina Denaro, si espande la rete di complici: arrestata coppia che ospitava il boss

SICILIA – Gli arresti per il coinvolgimento nella rete di complici che ha protetto la latitanza di Matteo Messina Denaro continuano a susseguirsi. In questa occasione, sono stati i carabinieri del Ros a portare a termine un’operazione che ha portato all’arresto di Emanuele Bonafede e Lorena Ninfa Lanceri, entrambi accusati di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati dal metodo mafioso.

Secondo le indagini coordinate dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Piero Padova e Gianluca De Leo, la coppia avrebbe ospitato in modo continuativo e per numerosi giorni il padrino latitante nella loro casa di Campobello di Mazara. Il boss, dunque, sarebbe entrato e uscito indisturbato dall’appartamento dei due grazie ai controlli effettuati dai Bonafede per evitare la presenza delle forze dell’ordine nella zona.

Secondo l’accusa, la coppia avrebbe fornito al boss una prolungata assistenza finalizzata al soddisfacimento delle sue esigenze personali e al mantenimento dello stato di latitanza. Lorena Lanceri, inoltre, sarebbe stata inserita nel circuito di comunicazioni che ha consentito all’ex latitante di mantenere contatti con alcune persone a lui particolarmente care.

I militari hanno trovato numerosi riscontri del rapporto tra il boss e la Lanceri. Messina Denaro, per nasconderne la vera identità, la chiamava Diletta.

Emanuele Bonafede è nipote del boss di Campobello di Mazara Leonardo Bonafede e fratello di Andrea Bonafede, arrestato nelle scorse settimane con l’accusa di aver fatto avere al capomafia le prescrizioni sanitarie compilate dal medico Alfonso Tumbarello, finito in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Inoltre, è cugino di un altro Andrea Bonafede, il geometra di Campobello che ha prestato l’identità a Messina Denaro per consentirgli di sottoporsi alle terapie oncologiche.

Dalle indagini emerge chiaramente che Messina Denaro è stato costantemente supportato da più persone durante la latitanza.

Persone “che, secondo i pm, gli hanno consentito di spostarsi in relativa sicurezza sul territorio, anche avvalendosi di più autovetture, di accedere sotto mentite spoglie alle indispensabili cure del Servizio sanitario nazionale, anche grazie a diagnosi e ricette effettuate a nome di Andrea Bonafede, e di acquistare sotto falso nome (ancora una volta quello di Andrea Bonafede) una casa da adibire a covo e una macchina“.

L’arresto di Emanuele Bonafede e Lorena Ninfa Lanceri fa parte delle indagini condotte per smantellare la rete di complici che ha permesso a Messina Denaro di rimanere latitante per decenni. Si tratta di un’operazione importante che dimostra l’impegno delle forze dell’ordine nel contrastare il fenomeno della mafia e delle organizzazioni criminali che, ancora oggi, rappresentano una minaccia per la sicurezza e la legalità del nostro Paese.

È importante sottolineare come, per combattere efficacemente la criminalità organizzata, sia fondamentale l’impegno delle istituzioni e della società nel suo complesso. Solo un’azione congiunta e coordinata può portare a risultati concreti nella lotta contro la mafia e le altre forme di criminalità. Per questo, è necessario che ogni cittadino faccia la sua parte, denunciando ogni forma di illecito e collaborando con le autorità competenti.

In questo contesto, è fondamentale anche il ruolo dei media nel diffondere informazioni corrette e verificate sulla realtà della criminalità organizzata e sul lavoro delle forze dell’ordine per contrastarla.