Il coraggio di dire “NO”: chi è Franca Viola e perché è riuscita a salvare il destino di innumerevoli donne

Il coraggio di dire “NO”: chi è Franca Viola e perché è riuscita a salvare il destino di innumerevoli donne

SICILIA – È il 1965, ci troviamo in un’Italia conservatrice in cui l’adulterio femminile è ancora un reato punibile con la reclusione, in un’Italia in cui la voce di una ragazzina porterà a un passo epocale. Con un doloroso “no” e sole due lettere, infatti, Franca Viola riuscirà a salvare il destino di innumerevoli donne.

Chi è Franca Viola

Franca è una ragazza come tante. Nasce in Sicilia, più precisamente ad Alcamo, un paese nel Trapanese, nel 1947 da agricoltori autonomi. A soli quindici anni si fidanza con un giovane benestante Filippo Melodia, nipote di un mafioso locale. Poco dopo il ragazzo si caccia nei guai, viene arrestato per furto e per altre attività legate alla banda mafiosa e di fronte a queste azioni Franca decide di rompere il fidanzamento. Decisa, non cambia idea sotto le minacce e le intimidazioni della famiglia di lui; determinata, anche quando viene puntata una pistola alle tempie del padre, Bernardo. A soli diciassette anni, viene rapita da una dozzina di giovani guidati da Filippo Melodia, che a tutti i costi voleva prenderla in sposa. Con lei viene rapito anche il fratellino Mariano di 8 anni che non volle staccarsi dalla gonna della sorella maggiore e che fu rilasciato il giorno seguente. Franca, invece, fu violentata, malmenata e lasciata a digiuno, quindi tenuta segregata per otto giorni inizialmente in un casolare al di fuori del paese e poi in casa della sorella di Melodia, ad Alcamo stessa a pochi metri dalla casa della famiglia Viola. In seguito, il padre della ragazza fu contattato dai parenti di Melodia per la cosiddetta “paciata“, ovvero per un incontro volto a mettere le famiglie davanti al fatto compiuto e far accettare ai genitori di Franca le nozze dei due giovani. Il padre e la madre di Franca, d’accordo con la polizia, finsero di accettare le nozze riparatrici, ma il giorno successivo, la polizia intervenne all’alba facendo irruzione nell’abitazione, liberando Franca ed arrestando Melodia e i suoi complici. Melodia sarà condannato a undici anni di reclusione.

Lo stupro, in quegli anni, infatti, era considerato un reato contro la morale e non reato contro la persona e l’unico modo che le ragazze come Franca avevano per essere riabilitate agli occhi della società era aderire a quello che viene comunemente chiamato “matrimonio riparatore”. Finivano così per sposare il loro stupratore, perché di quello si trattava, per salvare l’onore familiare e quello proprio, e di conseguenza non rimanere nubili a vita. Il destino di tutte le donne vittime di violenza era quello di diventare proprietà del proprio aguzzino o di diventare zimbello del paese, additate come svergognate e poco di buono e morire zitelle ostracizzate dalla comunità.

Ma Franca, seppur di umili origini, col suo animo nobile e la sua tenacia, nonché il supporto della sua famiglia, riuscì a mettere in moto dalla sua Sicilia una ribellione che cambierà il destino di migliaia di italiane. All’epoca, l’articolo 544 del codice penale, recitava: “Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali“. Il matrimonio riparatore, perciò, estingueva di fatto il reato.

Il processo di Franca ebbe un ampio riscontro mediatico, ragione per cui si aprirono numerosi dibattiti, con la conseguenza che nel 1981, l’art. 544 del codice penale venne abrogato. Infatti, oltre ai risvolti penali, incoraggiò tante altre donne ad opporsi a uomini violenti e ad un sistema che le voleva prigioniere nelle loro stesse case, obbligate a dire sempre sì. Poi, solo nel 1996 lo stupro sarà legalmente riconosciuto in Italia non più come un reato “contro la morale, bensì come un reato “contro la persona.

Il Codice Rosso

Per le donne, a partire proprio dal 1981, sono state messe in atto numerose politiche volte a tutelarle da un retaggio culturale, tutto al maschile, in cui non vi era posto per loro. Dal punto di vista penale, è di recente introduzione la legge 69/2019, il cosiddetto Codice Rosso. La ratio sottesa a tale intervento normativo è senza dubbio volta ad adottare più celermente misure per contrastare la violenza sulle donne. La normativa interviene su tre fonti: introducendo nuovi reati quali lo sfregio o il reato di revenge porn, inasprendo le sanzioni per quelli già esistenti e prevedendo una procedura su misura per tutelare al meglio chi vive situazioni a rischio. Altro fronte su cui è intervenuto il Codice Rosso è senz’altro quello procedurale. Infatti, al fine di adottare più celermente misure volte a contrastare la violenza sulle donne è stato previsto un acceleramento dell’iter d’indagine per alcuni delitti tra cui lo stupro, i maltrattamenti, lo stalking, per cui le notitiae criminis saranno immediatamente riferite dalla polizia giudiziaria al pubblico ministero anche a voce.

La Riforma Cartabia

Vento di innovazione in materia di reati di genere e violenza domestica proviene ora dalla Riforma Cartabia, che appunto prende il nome dal Ministro della Giustizia che tanto si è battuta per la sua approvazione, si inserisce a gamba tesa nel nostro corpus normativo con lo scopo di garantire una sempre più efficace tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. Ad esempio, sancisce l’importanza della riproduzione audio visiva o fonografica delle dichiarazioni della persona inferma di mente, in condizioni di particolare vulnerabilità o minorenne, che adesso è prevista a pena di inutilizzabilità. Si tratta di un importante traguardo per arginare ancor di più quel fenomeno che è la vittimizzazione secondaria, cioè quel fenomeno per cui la vittima di un trauma rivive le condizioni di sofferenza a cui è stata sottoposta attraverso la ripetizione di particolari imbarazzanti e dolorosi, con la conseguenza che viene scoraggiata a parlare apertamente della sua situazione di sofferenza, o persino a denunciare l’accaduto. Stesso fenomeno che era accaduto alla nostra Franca, durante il lungo processo in cui il suo “onore” era stato messo in discussione davanti agli abitanti del suo paese e al resto d’Italia.

Franca Viola vive ancora ad Alcamo, si è sposata nel 1968 con un amico d’infanzia e nel 2014 il Presidente della Repubblica l’ha insignita dell’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Ma mai tutto ciò sarà sufficiente per ringraziarla del grande dono che ci ha fatto, ci ha insegnato il coraggio di dire no.

In foto Franca Viola