Il disagio adolescenziale, come riconoscerlo e affrontarlo nel modo corretto

Il disagio adolescenziale, come riconoscerlo e affrontarlo nel modo corretto

L’adolescenza è un periodo di transizione importante nella vita di un individuo, caratterizzato da sfide e cambiamenti. Molti ragazzi e ragazze, durante questa fase, sperimentano sentimenti di disagio e difficoltà ad adattarsi alle nuove situazioni.

Il disagio adolescenziale può assumere diverse forme, come l’ansia, la depressione, la solitudine, l’isolamento sociale, la mancanza di autostima e l’incertezza riguardo al futuro.

Le cause possono essere molteplici, tra cui problemi familiari, pressioni sociali, problemi di salute mentale, conflitti interni e difficoltà nell’ambiente scolastico. È importante riconoscere questi segnali precocemente e fornire il supporto adeguato per aiutare i giovani nel modo corretto.

Per affrontare la tematica, abbiamo intervistato la psicologa Ines Catania, discutendo con lei anche dell’importanza di un approccio olistico e collaborativo che coinvolga la famiglia, gli amici, gli insegnanti e gli operatori sanitari per tendere una mano ai giovani che vivono questa situazione e che hanno la voglia di superare le difficoltà per sviluppare le competenze e la resilienza necessarie per affrontare le sfide future.

Disagio adolescenziale: cos’è?

Il disagio di vivere in genere è l’incapacità di saper fruire e gioire dell’hic et nunc, quindi del qui ed ora, conferendo pesantezza e malessere a tutti gli eventi di vita della persona che diventano pesanti come mattoni. Nell’età giovanile, il disagio è fortemente legato ai cambiamenti psicosessuali tipici dell’età adolescenziale, che come ben sappiamo, è caratterizzata dalla ricerca della propria identità. Ricerca difficile e impegnativa e, a mio parere, ‘ricalcata’ dai molteplici stimoli non sempre positivi della società odierna“, spiega la dottoressa.

Ma facciamo un passo indietro. Partiamo intanto dal senso stretto del termine “adolescere” che significa “crescere”: Crescere implica il processo del cambiamento. Difatti, oltre ai cambiamenti ormonali e allo sviluppo neurologico, durante l’adolescenza si verificano modifiche anche nei comportamenti psicosociali e nelle emozioni grazie alle crescenti capacità di attenzione, ragionamento, memoria e linguaggio (capacità cognitive e intellettive)“.

Assunzione del rischio e sperimentazione

Nel corso del secondo decennio di vita, infatti, “gli adolescenti sviluppano maggiori capacità di ragionamento, seguono un pensiero logico e morale, diventano capaci di pensare in modo astratto e di formulare giudizi. L’adolescenza rappresenta una fase dello sviluppo importante per il consolidamento degli stili di vita e dei comportamenti legati alla salute. La promozione di attività salutari in questo periodo è molto importante vista la possibilità frequente che si verifichino comportamenti a rischio che potrebbero avere anche ripercussioni nel corso della vita“.

E ancora: “Le conseguenze sulla salute possono essere immediate, come nel caso della guida pericolosa, oppure posticipate nel tempo, come nel caso dei disturbi dell’alimentazione, delle condotte sessuali a rischio, dell’abitudine al fumo di tabacco, dell’assunzione di droghe e dell’abuso di alcol“.

La ricerca di sensazioni nuove e forti rivelano quanto la componente relativa alla sfida e alla sperimentazione di sé attraggano l’adolescente.

Questi comportamenti hanno un senso e una funzione: “Consentono al ragazzo o alla ragazza di mettere alla prova le proprie abilità, i livelli di autonomia e di controllo raggiunti e di sperimentare nuovi stili di comportamento. L’assunzione del rischio e la sperimentazione aiutano gli adolescenti a raggiungere indipendenza, maturità e a costruire una propria identità. Di contro, però, potrebbero portare a mettere in atto comportamenti estremamente dannosi per la salute propria e altrui“.

La tarda adolescenza

La maggior parte dei ragazzi entra nell’adolescenza percependo ancora il mondo intorno in termini concreti: le cose sono totalmente giuste o sbagliate, grandiose o terribili. Raramente i ragazzi si proiettano al di là del presente, il che spiega l’incapacità di alcuni di loro di riuscire a immaginare le conseguenze a lungo termine delle proprie azioni.

Nella tarda adolescenza, molti giovani imparano ad analizzare in modo più dettagliato le situazioni, a formulare idee, a proiettarsi nel futuro.

Incominciano a costruire i valori di riferimento che guideranno le loro azioni. Cercano di individuare una propria scala di valori e un proprio senso etico.

La psicologa, sul punto, precisa: “Questo percorso avviene attraverso l’incontro con altri individui, alternativi ai genitori, portatori di modelli di riferimento da cui assorbire “nuovo materiale” utile alla costruzione dei valori che guideranno il loro agire. A divenire nuovi modelli da seguire sono gli amici, gli insegnanti, gli operatori del privato sociale, i parroci, gli allenatori sportivi, i maestri di strumenti musicali, etc“.

La scuola: ruolo significativo

Durante l’adolescenza l’affermazione sociale è molto importante. L’adolescente impara a gestire più efficacemente le relazioni con gli altri ragazzi/e, comincia a instaurare le prime relazioni affettive mature.

Un ruolo significativo è svolto dalla scuola, che rappresenta una fra le esperienze più significative che i ragazzi vivono in questi anni. È il luogo in cui si ha la possibilità di apprendere e migliorare la conoscenza. La scelta del tipo di scuola è indicativo del progetto futuro di vita che l’adolescente-studente intende intraprendere e che lo avvicinerà ulteriormente al mondo degli adulti“, spiega.

Mondo reale o virtuale?

Gli adolescenti di oggi sono spesso definiti come “generazione multitasking“, nata e cresciuta in un’era digitale che ha introdotto nuove forme di relazione sociale. La digitalizzazione dilaga, non solo nelle case, ma anche nelle scuole dove la tecnologia si affianca o si sostituisce ai tradizionali strumenti di apprendimento.

Studi internazionali segnalano come l’utilizzo della tecnologia possa diventare problematico in una certa percentuale di ragazzi inducendo una vera e propria dipendenza da internet, dai giochi o dai social network a discapito della vita reale, scolastica e di relazione. Ciò favorisce il rischio di isolamento in un periodo in cui la personalità è in fase di consolidamento.

La rete, le chat, i blog, le community, i social sono luoghi frequentati da moltissimi giovani. Continuano a nascere nuove applicazioni, nuovi gruppi, nuovi modi di comunicare che, talvolta, fanno dell’anonimato, della velocità di diffusione, della possibilità di non lasciare tracce e di non esporsi fisicamente, terreno fertile per una comunicazione non trasparente e, comunque, sottratta al controllo degli adulti.

L’utilizzo della rete non mediato da persone adulte competenti, può sottoporre le nuove generazioni a potenziali pericoli.

Il complicato ruolo dei genitori

Diventa necessario, per chi ha la responsabilità su minori, acquisire le opportune competenze ed essere in grado di gestire e prevenire i rischi che potrebbero intervenire in rete.

Diventa quindi fondamentale, per un genitore, avvicinarsi in modo corretto al mondo dei loro figli adolescenti, alle sollecitazioni che ricevono da tutte queste fonti, e comprendere rispettosamente i legami e i significati che attribuiscono alle loro cose.

L’età dell’adolescenza è l’età dell’esplorazione e degli errori. Ma questo non significa che il genitore debba lasciar andare qualsiasi cosa. In effetti deve saper operare un sano controllo “a distanza”, suffragato da un clima di fiducia e rispetto reciproci, in un contesto che non favorisca la chiusura dell’adolescente, il quale non dovrà sentirsi in dovere di difendersi o nascondersi dai suoi genitori.

Come può un genitore comprendere le situazioni di disagio adolescenziale?

A questa domanda la psicologa Ines Catania ha risposto: “Non si tratta di un compito facile. Partiamo dal presupposto che il genitore deve ricordarsi di essere stato un adolescente riconoscendo, in tutta franchezza, quelle cose che gli adulti facevano e che gli generavano fastidio. Ecco che diventa importante che assuma il ruolo del facilitatore della comunicazione interna alla famiglia, ponendo attenzione all’empatia e alla reciprocità“.

Comunicare in modo corretto è il primo e più importante strumento di prevenzione del disagio adolescenziale, disagio che potrebbe condurre a problematiche importanti come:

  • uso e abuso di sostanze;
  • consumo di alcol;
  • disturbi alimentari;
  • condotte autolesionistiche;
  • depressione;
  • comportamenti a rischio e/o illegali.

L’adolescente non deve mai sentirsi ignorato o abbandonato, ma nemmeno oppresso e non degno di fiducia“, ricorda la nostra intervistata.

Campanelli d’allarme

Quando intervenire? Scopriamo insieme alla psicologa Catania quali sono i “campanelli d’allarme“, indicatori di disagio adolescenziale a cui occorre prestare attenzione e per i quali è meglio pensare di rivolgersi a un esperto:

  • Comportamenti violenti verso se stessi o verso gli altri (anche verso gli animali);
  • Agire atti autolesionistici (es. tagliarsi, ferirsi);
  • Pronunciare bugie ricorrenti, anche per futili motivi;
  • Scarso rendimento scolastico, con o senza un iperinvestimento nello studio;
  • Disinteresse per lo studio di ogni materia;
  • Frequenti assenze da scuola, soprattutto se nascoste ai familiari;
  • Abbandono scolastico;
  • Furti (in casa o in ambienti extra-familiari);
  • Fughe da casa;
  • Regime alimentare squilibrato:
    • diete decise in autonomia;
    • alimentazione restrittiva;
    • abbuffate;
    • condotte di eliminazione (es. vomito auto-indotto, uso di lassativi);
  • Trasandatezza nell’igiene personale e nel vestiario;
  • Ricerca estrema del rischio;
  • Frequenti incidenti;
  • Sonno irregolare;
  • Eccessiva remissività;
  • Obbedienza eccessiva ai genitori;
  • Scarsità di amicizie e relazioni con i coetanei;
  • Eccessivo tempo trascorso isolandosi nella propria stanza;
  • Trascorrere troppo tempo sul PC, sulla console, sullo smartphone, sui giochi virtuali, sui social (soprattutto se in assenza di essi l’adolescente mostra ansia e irritabilità);
  • Paure irrazionali;
  • Eccessiva timidezza;
  • Inibizione pervasiva;
  • Difficoltà di concentrazione;
  • Irritabilità frequente e/o sproporzionata alle circostanze;

Ma non è tutto. Da non sottovalutare anche:

  • Anedonia:
    • assenza di interessi;
    • penuria di piaceri e soddisfazioni;
  • Eccessiva tristezza;
  • Marcata variabilità del tono dell’umore;
  • Aggressività verbale e fisica;
  • Scarsa autostima e/o tendenza all’autosvalutazione;
  • Presenza di stati d’ansia;
  • Attacchi di panico;
  • Vita sessuale promiscua e disordinata;
  • Controllo ossessivo del peso sulla bilancia;
  • Controllo ossessivo della forma del proprio corpo e/o di specifiche parti di esso;
  • Controllo scrupoloso delle calorie da ingerire;
  • Praticare attività sportive in maniera ossessiva;

Altri segnali di un possibile disagio adolescenziale, che è importante saper cogliere, sono:

  • Stanchezza frequente;
  • Astenia (debolezza);
  • Variazione ponderale importante:
    • Dimagrimento;
    • Ingrassamento;
  • Arresto del ciclo mestruale nelle ragazze dopo il menarca;
  • Gastralgie e disturbi intestinali ricorrenti;
  • Cefalee frequenti e/o varie sofferenze somatiche.

Mai il “fai da te”

Ogni sintomo va decodificato in base alla sua intensità, durata nel tempo, età, contesto familiare e le relative dinamiche relazionali e, infine, l’impatto che il sintomo produce sul resto della famiglia. E non va sottovalutato il rischio di suicidio, che deve sempre essere colto al fine di prevenirlo“, sottolinea la psicologa.

Alle volte, “per le famiglie può anche essere difficile vedere, accettare che ci sia un problema serio da affrontare, non necessariamente per mancanza di attenzione o buona volontà ma perché la sofferenza del proprio figlio o della propria figlia è difficile da ammettere“.

Evitare di agire in autonomia e richiedere, quindi, l’intervento di uno psicologo che si occupa di tali problematiche, che vanno affrontate con la dovuta cautela e delicatezza del caso.

No ai giudizi, sì al ragionamento!

Senza giudicare, è possibile trovare un terreno di incontro, per spiegare che – pur comprendendo l’emozione, la sofferenza – il comportamento non era adeguato. “Ragioniamo sul comportamento, ma accogliamo l’emozione!“, sottolinea a gran voce la psicologa Ines Catania.

Facendo così, “è più facile capire per gli adulti cosa succede e i ragazzi sviluppano strumenti in più per leggere loro stessi. In situazioni così, si può arrivare a capire che quel comportamento è solo occasionale, dipende da un sovraccarico emozionale, che si può in qualche modo aiutare e alleggerire“.

In questo, “c’è anche il ruolo fondamentale della scuola, degli insegnanti, che possono supportare le famiglie“.