“L’isola dei battiti del cuore” di Laura Imai Messina

“L’isola dei battiti del cuore” di Laura Imai Messina

Nata a Roma ma da molti anni adottata dal Paese del Sol Levante, la giovane scrittrice Laura Imai Messina ci ha abituato al viaggio intercontinentale nelle placide atmosfere giapponesi dei suoi romanzi come cartoline dietro una vetrina virtuale. È la magia del Paese gentile, dagli abitanti instancabili come gnomi di una fiaba che ogni sera, dopo una lunga giornata di lavoro, si ritrovano seduti alla mensa frugale.

Presente e passato si tengono per mano a sigillare un patto di appartenenza eterna, pensare di lasciar correre lontano la valigia della memoria sarebbe una confessione a cuore aperto di aver compiuto solo la metà del viaggio.

Il ricordo veglia sul primo raggio di sole, ancora ignaro di quel che avverrà quando la coperta di luce riscalderà la Terra. Se sarà neve sul cuore, l’alito della memoria si lancerà in soccorso al calore sospeso.

Un protagonista, quarant’anni, illustratore di mondi immaginari sopra e sotto il livello del mare, si chiama Shūichi. È un uomo adulto, è un battito di cuore che ha vinto se stesso. Una patologia cardiaca lo colpì quando, ancora bambino, all’improvviso il suo respiro andò in apnea.

Durante quegli interminabili secondi, la madre perdeva il suo di respiro, panico e paura la ossessionavano per il battito malato del suo piccolo. L’infanzia ovattata di Shūichi trascorse al riparo da un temibile giro in bicicletta, lontana da ogni emozione intensa probabile assassina di quel cuore ballerino.

Erano tutti ricordi infelici, memorie che, per la consueta ostinazione materna a negare tutto quanto era triste, non era mai stato sicuro fossero veramente accadute; eppure adesso gli risultarono care fino alla commozione, persino più dei meravigliosi viaggi di cui chiacchierata sua madre, che a ogni conversazione vi aggiungeva nuovi e diversi dettagli“.

Come promemoria di quel tempo innocente, c’è una cicatrice sul petto che Shūichi, ormai uomo sopravvissuto alle tempeste del battito fuori misura, accarezza con la punta delle dita travolto da mezzo sorriso.

A Kamakura, dopo la morte della madre, la casa dell’infanzia resta vuota. Prima di riaprire quella porta, Shūichi sa già di voler “disfarsi del superfluo e della memoria” anche se talvolta i ricordi precipitano nel limbo del forse.

In passato, l’istinto materno aveva convinto la signora Ōno, la madre di Shūichi, a raccontargli una falsa realtà dopo un seppur breve momento felice. Troppo amore finisce per proteggere il battito sbagliato.

Shūichi riportava alla madre le memorie dolorose, gli incidenti, i lunghi pianti di cui aveva trattenuto la sofferenza infantile, ma lei puntualmente, li respingeva“.

La risposta alle lacune mentali di Shūichi si chiama Kenta, un bambino di otto anni, presenza estranea nei pressi della casa che un tempo fu culla d’amore del piccolo Shūichi.

Partire da soli illude il programma del viaggio, in assenza di una seconda voce il binario corre senza meta. Kenta è puntuale all’appuntamento fissato da nessuno. Così sembra, così non è.

La perdita di un figlio, il divorzio, due lutti incompatibili con un futuro leggero, avevano aperto una voragine nella vita di Shūichi, anche se davanti alle ferite umane prima o poi il cielo prova pietà. Il contatto quotidiano del piccolo e del grande uomo sfocia in un sentimento d’amicizia e di infinita dolcezza. Del battito bizzarro di Shūichi si prende cura il tempo passato in compagnia di Kenta, nato lo stesso giorno ma due anni dopo Shingo, il figlio di Shūichi annegato nella piscina.

Un nuovo fiore profuma del fiore reciso da un inverno crudele. Un motivo in più per turbare il battito già stremato dalle forti emozioni. A quello strambo pulsare nel petto serve sapere che non è solo, che tanti come lui vivono dentro un’oasi surreale dove cantano in coro la magia della vita. Quella sorta di tempio orientale si chiama Shinzō-on no Ākaibu, ed è l’Archivio dei Battiti del Cuore nell’isola di Teshima. Qui, Shūichi aggiungerà Verità ai ricordi appannati per proteggere l’uomo che sarebbe diventato. Qui, il passato si lascerà abbracciare in un crescendo di vibrazioni sconnesse a causa di quel troppo sentire, virtù di pochi.

Ancora qui, le pulsazioni annegate nelle paure faranno i conti con l’unicità impossibile da replicare nel battito accanto, tanto simile al suo gemello eppure re incontrastato del trono dentro al petto. Lì, nella miriade di battiti identificati da appena un nome, il pianeta resta ad ascoltare la voce del cuore quando il corpo ha già annunciato il suo addio.

E il bambino e l’adulto cresceranno insieme, l’uno per la prima, l’altro per la seconda volta. Insieme vivranno l’amnistia delle colpe accusate ingiustamente di tradire l’intima essenza.

Sarà come celebrare il ritorno a casa con il respiro ancora più puro del primo vagito.

Si ricomincia dalla fine. Come una favola raccontata da un battito malato.

“Tutte le avventure iniziano dal buio“.

sara

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