Eco-ansia e salute mentale, i cambiamenti climatici e le conseguenze “gravi e improvvise”: parola alla psicologa

Eco-ansia e salute mentale, i cambiamenti climatici e le conseguenze “gravi e improvvise”: parola alla psicologa

Come tutte le cose che cambiano, che non conosciamo, che non possiamo controllare, anche l’ansia per i cambiamenti climatici diventa problematica e limitante per buona parte della popolazione.

Ascolto di persone che vivono forti disagi, che esperiscono attacchi di panico, crisi nervose e isteriche causate proprio da questa nuova ‘piaga‘ o disturbo se così vogliamo definirlo, anche se non è stato ancora riconosciuto come tale nei manuali diagnostici che riguardano la psicologia e la psichiatria“.

Inizia così la nostra chiacchierata con la psicologa Ines Catania che ha fatto luce su un problema con cui sta “combattendo” un bacino sempre più vasto di utenti, fornendo un’identità precisa a questo nuovo “nemico” e dando dei suggerimenti utili per tentare di alleggerire il carico.

Eco-ansia: cos’è?

Il bel clima, poi l’improvviso freddo, temperature estreme… non danneggiano soltanto l’ambiente, ma mettono a rischio anche la nostra salute mentale.

Eco-ansia” è un termine che cattura le esperienze di ansia relative alle crisi ambientali.

La forma più prevalente sembra essere l’ansia climatica: significativamente legata al cambiamento climatico antropogenico, compreso il riscaldamento globale, l’innalzamento del livello del mare e l’aumento dell’incidenza di disastri naturali ed eventi meteorologici estremi.

Si compone anche di forme d’ansia relative a una molteplicità di calamità ambientali, che possono o meno essere direttamente causate dai cambiamenti climatici, inclusa l’eliminazione di interi ecosistemi e specie vegetali e animali, l’inquinamento globale di massa e la deforestazione.

Le conseguenze “gravi e improvvise”

Preferisco utilizzare il termine ‘distress‘ per descrivere un fenomeno che altri etichettano come ‘ansia’. In effetti, l’eco-ansia può derivare dall’esposizione diretta o indiretta alla crisi ecologica“, specifica la nostra intervistata.

E ancora: “Nel caso di disastri naturali, che si sono intensificati a causa dei cambiamenti climatici, gli impatti somatici e psichici risultano intensi e diretti, le conseguenze sulla salute mentale sono generalmente più gravi e improvvise“.

Possono manifestarsi forti sintomi di ansia, nonché stress post-traumatico e altre complicazioni“, aggiunge.

Allo stesso tempo, “è diventato ormai evidente che semplici notizie, conoscenze e paure sui problemi ecologici possano essere sufficienti a causare ansia poiché la crisi ambientale globale è percepita estremamente minacciosa“.

Chi è più esposto all’eco-ansia?

Ci sono alcuni fattori che rendono una persona, o un gruppo, più vulnerabile all’eco-ansia: “La giovane età, l’elevata esposizione a problemi ambientali fisici e la forte esposizione a notizie inquietanti sulla crisi ecologica. Le donne sembrano essere maggiormente sensibili a tali emozioni rispetto agli uomini“.

I professionisti della sostenibilità e gli attivisti ambientali soffrono di una maggiore eco-ansia, sebbene abbiano anche alcune risorse speciali che aumentano la resilienza, come il senso di efficacia e la possibilità di intervento“, sottolinea.

eco ansia

Attenzione all’ipercontrollo

Molto importante la reazione agli eventi climatici e la loro gestione: “A tutto questo io aggiungo e sottolineo la presenza dell’ipercontrollo che rende una persona più vulnerabile rispetto a un’altra“.

L’ipercontrollo consiste nel bisogno di tenere in mano il timone di ogni situazione, in certi casi, si può trasformare in una vera e propria ossessione, che mira all’irrealistico obiettivo di prevenire l’imprevisto e l’imponderabile“, spiega.

Una persona che soffre di mania del controllo mette in atto ogni tentativo possibile per gestire ogni aspetto della quotidianità. E a volte, anziché migliorare la sua situazione, la peggiora.

Gli imprevisti e tutte le deviazioni imponderabili da un percorso prestabilito non sono accettabili e possono generare stati d’ansia. La mania del controllo comporta un notevole dispendio di energie mentali e può avere conseguenze su vari aspetti della vita di chi ne soffre: dalla sfera dei rapporti personali alla vita sentimentale passando per quella professionale“, afferma la dottoressa Ines Catania.

Da ipotetica soluzione a prigione

Ma c’è di più: “La mania del controllo si trasforma, in questo senso, in una vera prigione per la persona che ne soffre e il bisogno di avere in mano le redini della situazione in ogni aspetto della propria vita diventa il problema stesso e non, come potrebbe ritenere chi soffre di questa condizione, la soluzione al proprio disagio“.

Per cui, “da psicoterapeuta, mi sembra evidente e doveroso suggerire di lavorare non tanto sullo stato d’ansia, quanto sul meccanismo che la genera“.

E in questo caso è la mania di organizzare, programmare, controllare tutto.

Il vero problema

Quindi, come possiamo dedurre, “il problema non è tanto il cambiamento climatico, ambientale dove non possiamo fare assolutamente nulla, ma come poter controllare l’ansia che ne deriva“.

Un po’ come un cane che si morde la coda insomma: gira su se stesso diventando inarrestabile, senza mai poter afferrare la sua coda. Un po’ come in questo caso: preoccuparsi, pensare, rimuginare, stare male senza poi trovare una soluzione utile che dia realmente benessere“, specifica la nostra intervistata riportando una metafora esaustiva.

Qual è la soluzione?

Non esiste un’unica soluzione al problema dell’eco-ansia, ma sicuramente una strada da percorrere è quella di “esaltare, impreziosire il momento presente, hic et nunc, senza pretendere di voler dominare il futuro, l’ignoto che non ci appartiene”.

È il presente che dobbiamo vivere! ADESSO! E come meglio possiamo!“, conclude.