Dal sapere al pensare: imprescindibile un nuovo modello di formazione

Dal sapere al pensare: imprescindibile un nuovo modello di formazione

QUESTO ARTICOLO FA PARTE DEL CONCORSO DIVENTA GIORNALISTA, RISERVATO AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI DELLA PROVINCIA DI CATANIA.

L’articolo presentato si propone di mettere in discussione il modello di istruzione della società occidentale attuale i cui obiettivi sono il progresso e la crescita economica, e di offrire un’alternativa che ponga al centro l’individuo e il suo rapporto con il bene comune e con la collettività, ossia che riscopra l’importanza della ragione e del pensiero critico, strumenti inalienabili dell’essere umano.

 

Viviamo al servizio del potere, siamo una massa analfabeta ormai troppo avvezza ad obbedire, rappresentiamo un enorme gruppo di persone privo di ideali e mancante della capacità di criticare e mettere in discussione le informazioni che ci arrivano. Guidati ciecamente dalla crescita di mercato e dal progresso, abbiamo accantonato il nostro pensiero critico e di conseguenza abbiamo dimenticato l’unico strumento con cui potremmo davvero migliorare la realtà in cui viviamo. 

Quali strategie sono necessarie per contrastare il forte analfabetismo funzionale, che colpisce, secondo Tiziana Rossetto (presidente della Federazione Logopedisti Italiani), il 28% della nostra popolazione, e per disabituarci alla guida di sistemi impersonali e astratti?  A chi dovrebbe spettare il ruolo dell’educatore?

Le risposte sono due: politica e scuola. Sarebbe molto ampia la discussione circa la prima che, nella prassi, dovrebbe contribuire all’eliminazione della “società ottusa” (Paolo Ercolani) ma che nella pratica ne è abbondantemente inglobata: mi limiterò a dire che, per essere giusta, la politica dovrebbe ritornare alle sue origini, e cioè alla ricerca del bene morale e sociale, che è il prendersi cura degli uomini.

Passiamo alla seconda: oggi la scuola altro non è che una grande azienda che crea prodotti in serie, che plasma funzionari e che ha come unico obiettivo non tanto quello di guidarci nella nostra crescita personale, quanto, piuttosto,  quello di formarci per immetterci nel mondo del lavoro. La scuola oggi insegna che se vogliamo (e ci istiga a volerlo) essere qualcuno, bisogna studiare per avere dei buoni voti e una laurea che si rispetti, e non per noi stessi o per diventare cittadini consapevoli di ciò che ci sta intorno. La formazione individuale non ha più importanza: ognuno di noi serve a ricoprire un certo ruolo che possa mandare avanti la grande macchina rappresentata dalla società odierna. 

Un importante pedagogista, Lamberto Borghi, parla della scuola come di una comunità di liberi dubitanti. Ed è proprio  questa la linea guida a cui dovremmo ridare forza: coltivare la scuola non come un’azienda, ma come una comunità di liberi dubitanti, dove sia in vigore uno spirito di discussione libera, aperta e tollerante.

Solo in questo modo gli abiti mentali di natura critica (quelli, cioè, che rimangono impressi a scapito delle nozioni puramente disciplinari), andranno di pari passo con l’atteggiamento scientifico, che è una componente imprescindibile dello spirito democratico. Formare allo spirito critico e formare allo spirito democratico devono essere facce della medesima medaglia: una scuola che possa definirsi tale ha il dovere e l’obbligo morale di essere prima di tutto una comunità democratica e una comunità di liberi dubitanti.

Carola Conticello Liceo Classico Mario Cutelli e Carmelo Salanitro 2°I