“Divorzio di velluto” di Jana Karšaiová

“Divorzio di velluto” di Jana Karšaiová

Candidato al premio Strega 2022, “Divorzio di velluto” romanzo d’esordio della scrittrice e attrice teatrale Jana Karšaiová, può essere considerato un romanzo storico, ma questa è solo una riflessione parziale.

Al lettore abituato a rimanere inerte sulla superficie degli eventi, il titolo potrebbe comunicargli una realtà fuorviante. Matrimonio, separazione, divorzio. Non soltanto. Anche.

Lo scisma principe del romanzo punta l’obiettivo sulla separazione tra Slovacchia e Repubblica Ceca. Il primo gennaio del 1993 segna la fine della Cecoslovacchia. Convivere nella diversità avrebbe costretto lo schema politico ad adottare deboli alleanze senza futuro. Nelle battaglie silenti dei due Paesi, la protagonista affronta una guerra personale estranea alla ragion di stato.

Si chiama Katarína, vive a Praga fino al giorno in cui Eugen, un uomo diventato marito dopo pochi mesi dal primo appuntamento, lascia un biglietto sul tavolo, così scrive: “Per te. Nessuno è perfetto e questo, a mio parere, è bello. E.”.

“La vita si sente di più quando si è in pericolo, quando si avverte la minaccia di perderla, la possibilità di fallire. Come con il loro matrimonio. Anche l’idea della Cecoslovacchia era fallita. Bratislava era diventata la capitale di un paese che nessuno conosceva, Praga, la magica, lusinghevole e perfida aveva attirato le folle per essere dissanguata. Ciò che non era cambiato era la posizione dei due paesi, uno a fianco all’altro. I loro figli non avrebbero smesso di intrecciarsi, di cercarsi, specchi di loro stessi, a volte innamorati, a volte indifferenti, ma intenzionati a guadagnarsi il proprio posto nel mondo. Forse doveva andare così.”

È la vigilia di Natale.

Da Praga a Bratislava. Con l’anima graffiata da una violenza che non c’è mai stata, il ritorno in famiglia di Katarína non sembra scuotere il padre, assorto com’è nei dibattiti monovoce con le sue vene ripiene di alcool. La madre pattuglia invece ogni movimento di Katarína, armata di parole in una spedizione senza divisa per sapere ciò che la figlia non è ancora pronta a raccontare.

Cosa ha sbagliato nel difficile compito di genitore con le sue due figlie? Le decisioni avventate di Katarína urtano con le personalità colorate di Dora, sorella maggiore, cittadina del mondo, turista occasionale in casa dei suoi.

Correre per inciampare, questa la legge domestica di una madre, le scelte ponderate maturano frutti scrupolosi grazie al passo lento nel sentiero del giusto. Non è detto, però, che volgere lo sguardo al passato sia beneficio di profumi abbandonati per errore nell’ultimo cassetto, dentro la custodia del senno.

Gli anni dell’università nella Bratislava comunista riportano a casa ricordi decisi a mai confondersi tra le rughe della memoria. Ancora adesso, la storia ambigua della sua amica Viera (slovacca di origine ma con un tetto a Verona grazie a una borsa di studio) con Barbara, la professoressa d’italiano, lascia tracce mai disperse per la sua fine dolorosa.

Privati del fiato dal nemico della ricchezza, il comunismo, nemmeno la scorta di sogni rispetto a un pezzo di pane quotidiano sarebbe bastata per espiare il peccato. L’ ora della fuga dallo scompenso politico era scattata con l’invito di Viera di trascorrere con lei il Capodanno in Italia.

“Il comunismo aveva reso la ricchezza qualcosa da tenere nascosto, una colpa, un peccato. Il senso di fiducia verso la vita e l’essere degni di viverla pienamente erano solo un miraggio. A quello pensava Viera mentre sorseggiava il vino dopo cena, seduta per terra con la schiena contro il divano, al suo miraggio personale, alla sua voglia di prendersi ciò che la vita le offriva, senza tirarsi indietro”.

Nel gioco degli scacchi il valore della regina viene potenziato dalla maggiore possibilità di movimento. È ammessa la direzione verticale, orizzontale o diagonale, perdere la “Donna” però è sufficiente per perdere la partita.

Katarína non si perderà, sebbene viva i rapporti familiari indeboliti da troppi confronti lasciati in sospeso. Le basterà allentare le redini dei doveri se vuole fuggire dallo squallore ridotto con i minuti contati. Sopravviverà nel ritrovato amore per se stessa nascosto da chi o da che cosa sotto uno strato di neve in incognito.

Dietro ogni porta chiusa il fallimento porta un malessere curabile con il viaggio di ritorno alle origini del noi. Almeno provarci. Dell’ennesimo contatto con le proprie radici, Katarìna ne esce psicologicamente distrutta, stavolta però l’ingrediente principe della crescita emozionale ha permesso la perfetta riuscita della ricetta di vita.

Nel repertorio delle separazioni, spesso il divorzio dai giorni felici riporta a casa le frasi non dette quella notte che distrusse le sue sorelle gemelle. Non è impensabile disconoscere questa cartolina della neve dell’est nella sceneggiatura di un’opera teatrale o cinematografica…

Lasciare incompleto il progetto del nido per ritrovarsi interi. La storia d’amore con se stessi sarà data in eredità alla coperta di piume che ci sveglierà domani. Un romanzo drammatico si muove dentro un cosmo protettivo dei sentimenti col passaporto in tasca per il cielo dell’est. Un divorzio di natura politica cambia vestito davanti al turbamento esistenziale di Katarína, l’omosessualità di Viera, l’eclettica Dora, il mondo mediocre di Eugenio. Quanto più lunga è la lista dei tormenti divorati dagli eccessi, tanto più nobile è l’elemosina di parole schivata in malo modo.

Una lode di merito va alla scrittrice che da autodidatta sceglie la lingua italiana (e non la lingua madre, lo slovacco), per il suo romanzo ispirato alla metamorfosi delle distanze ripetuta nei mille volti di un divorzio.

sara

Fonte foto Pinterest