“Fine pena mai”: il c.d. ergastolo ostativo

“Fine pena mai”: il c.d. ergastolo ostativo

L’ergastolo ostativo è stato introdotto nei primi anni Novanta, in seguito alle stragi che caratterizzarono quel periodo ed in cui persero la vita i Giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

La relativa disciplina è regolata dall’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario e sostanzialmente stabilisce che tutti coloro che vengono condannati per reati di particolare gravità, come ad esempio quelli relativi alla criminalità organizzata, al terrorismo o all’eversione, non possono accedere a quelli che sono noti come “benefici penitenziari” e alle misure alternative di detenzione.

Ne consegue che le persone a cui viene assegnata questa pena, non possono accedere alla liberazione condizionale, lavori esterni, semilibertà e permessi-premio; per via delle forti limitazioni che la pena impone ai detenuti, l’ergastolo ostativo è conosciuto anche con l’appellativo di “fine pena mai”.

La norma che disciplina l’ergastolo ostativo stabilisce che la continuità della pena può essere superata soltanto se il condannato collabora con la giustizia e dà prova del suo ravvedimento, inserendosi in un apposito circuito socio-rieducativo.

Ergastolo ostativo e ergastolo comune

Molti pensano erroneamente che non vi sia alcuna differenza tra l’ergastolo comune e il cosiddetto ergastolo ostativo, quest’ultimo a volte non è neanche noto.

L’ergastolo comune è la tipologia di ergastolo semplice, ossia quella che viene assegnata a coloro che non hanno commesso reati di tipo ostativo; gli ergastolani comuni possono richiedere la liberazione anticipata e i permessi premio, naturalmente a condizione che mantengano una buona condotta e che diano prova di ravvedimento partecipando a percorsi di reinserimento socio-culturale.

Diversa è la normativa che stabilisce cosa possono ottenere gli ergastolani ostativi rispetto a quelli comuni. I condannati all’ergastolo ostativo infatti possono usufruire dei benefici penitenziari soltanto se collaborano attivamente con la giustizia ed è per questo motivo che questa disciplina ad oggi ha sollevato non pochi dubbi e perplessità nell’ambito della legittimità costituzionale.

Dibattito aperto

Quello dell’ergastolo ostativo in Italia è oggi un argomento molto attuale, la tematica è infatti protagonista di un dibattito ancora del tutto aperto.

Invero, l’art. 4 bis ord. pen. ha sollevato seri dubbi di legittimità costituzionale attinenti in particolar modo il trattamento penitenziario previsto per i condannati all’ergastolo ostativo, esclusi dall’accesso a liberazione condizionale, lavoro all’esterno, permessi premio e semilibertà in mancanza di collaborazione con la giustizia, per questioni attinenti al mero titolo di reato.

Quello che viene in rilievo è innanzitutto il contrasto con il principio di rieducazione del condannato (art. 27 comma 3 Cost.), cui si fonda la ratio dell’intero sistema sanzionatorio.

Le limitazioni imposte dall’art. 4 bis ord. pen. rendono la pena detentiva in questione effettivamente perpetua, escludendo gli ergastolani non collaboranti dal processo rieducativo.

L’ergastolo ostativo, peraltro, sarebbe lesivo dei principi di eguaglianza, di libertà morale e personale, costringendo il condannato a scegliere se collaborare con la giustizia o non raggiungere mai la fine della pena.

Tale disciplina vulnera anche il diritto di difesa, costituzionalmente garantito dall’art. 24 comma 2 Cost., poiché il principio nemo tenetur se detergere dovrebbe potersi applicare non sono nella fase processuale ma anche in sede di esecuzione della pena.

Ed ancora, il divieto di pene inumane (art. 3 CEDU), operante a livello internazionale e sancito anche dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, Convenzione alla quale anche l’Italia ha aderito, pone l’art. 4 bis ord. pen. in visibile contrasto con tale norma.

È proprio per tale ragione che è stata interpellata la Corte costituzionale. A farlo è stato un giudice ordinario, nel corso di un processo durante il quale la difesa di un imputato ha sollevato un dubbio di costituzionalità della norma. In pratica, il giudice in questione ha ritenuto che la legittimità costituzionale della legge fosse dirimente ai fini del giudizio, e pertanto ha sospeso il processo in attesa di un pronunciamento della Consulta.

Oggi, finalmente, si è tornato a parlare del tema e il nuovo Governo “ha salvato” l’ergastolo ostativo su cui pendeva la pronuncia di incostituzionalità della Consulta, attesa per l’8 novembre rinviando al 30 dicembre la riforma Cartabia sulla giustizia penale per affrontare le criticità segnalate dai procuratori generali. Sulla G.U. del 31 ottobre 2022 è stato pubblicato il D.L. n. 162 di pari data, recante “Misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia”.

Il testo riporta rilevanti novità: per accedere ai benefici penitenziari al condannato – per determinati tipi di reati – non basterà la sola buona condotta carceraria o la partecipazione al trattamento ma, si dovranno anche fornire “elementi specifici” che consentano escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata o il rischio di ripristino di tali contatti.

Nessun automatismo, dunque, nel meccanismo di concessione dei benefici penitenziari, e il giudice di sorveglianza, prima di decidere, dovrà acquisire una serie di pareri, compreso quello del Procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo.

E ancora, il testo introduce modifiche in tema di concessione della liberazione condizionale (la richiesta potrà essere presentata dopo aver scontato 30 anni di pena) e prevede una norma transitoria per detenuti che abbiano commesso reati prima dell’entrata in vigore della riforma.

La questione è senz’altro delicata, coinvolgendo reati gravi in un contesto politicamente sensibile come quello della lotta agli intensi fenomeni associativi che attanagliano in nostro Paese.

La complessità dell’intervento d’urgenza richiederà una attenta valutazione di merito anche se a prima lettura sembrerebbe una decisione alquanto complessa ma di contenuto restrittivo.

Non resta che valutare e verificare se nel tempo della conversione matureranno condizioni e iniziative per modifiche alla riforma anche considerato il diverso approccio al tema della nuova compagine di governo.