Presunta corruzione in atti giudiziari, assolto il magistrato Olindo Canali

Presunta corruzione in atti giudiziari, assolto il magistrato Olindo Canali

BARCELLONA POZZO DI GOTTO – Il magistrato Olindo Canali è stato assolto dal gup di Reggio Calabria dall’accusa di corruzione in atti giudiziari con l’aggravante di aver favorito la mafia come scrivono alcuni quotidiani.

Originario di Monza Canali ha lavorato per tanto tempo come pm a BarcelIona Pozzo di Gotto (Messina) gestendo numerose inchieste sulla mafia messinese e poi è andato a fare il giudice a Milano.

Il gup di Reggio Calabria Vincenza Bellini non ha accolto la richiesta di condanna a 6 anni di reclusione formulata lo scorso aprile dal procuratore aggiunto Gaetano Paci.

Canali era stato accusato dall’ex boss barcellonese, oggi pentito, Carmelo D’Amico, coimputato nel procedimento. Anche lui ieri pomeriggio è stato assolto.

Dalle carte secondo l’accusa emergeva il concorso nel reato come intermediario, e il “rapporto di assidua frequentazione” che Canali aveva con il medico Salvatore Rugolo, specializzato nel settore lavoro e parecchio conosciuto, nonché figlio di don “Ciccino” Rugolo, vecchio capomafia barcellonese, e cognato del boss – per lungo tempo capo della “famiglia” barcellonese – Giuseppe Gullotti che sposò sua sorella Venera.

Uno dei casi di corruzione in atti giudiziari contestati – tra il 2008 e il 2009 -, in concorso con Rugolo, D’Amico, e il boss Gullotti, che ha scelto il processo ordinario, riguardava il maxiprocesso “Mare Nostrum” e l’indagine per l’omicidio del giornalista Beppe Alfano.

Secondo il capo d’imputazione l’ex pm Canali avrebbe “accettato per sé la promessa della consegna di denaro di 300mila euro, della quale riceveva una prima parte di 50mila euro“, sempre da D’Amico.

Questo per cercare di “ammorbidire” la posizione del boss Gullotti scrivendo un memoriale mandato in aula durante il maxiprocesso “Mare Nostrum”.

Nel memoriale Canali esprimeva forti dubbi sulla colpevolezza di Gullotti per la morte di Alfano, e in cui scriveva che occorreva “chiedere e ottenere la revisione della sua condanna“.