I forconi di nuovo attivi nel Messinese: “è solo l’antipasto”

I forconi di nuovo attivi nel Messinese: “è solo l’antipasto”

MESSINA – E’ previsto un autunno di fuoco contro «l’invasione dei prodotti esteri che distruggono il nostro mercato». Dopo la protesta dei forconi alla Rada San Francesco, è ricominciata, oggi, la battaglia anti-tir volta ad impedire che i prodotti agricoli esteri vengano importati in Sicilia a competere con quelli del mercato nostrano. La protesta è ripresa a Messina, proprio perché la città dello Stretto è la via di transito di tutte le merci, comprese quelle che, secondo il movimento, sottraggono mercato, denaro e lavoro, ai produttori siciliani.

Nelle scorse giornate è stato fermato un camion che trasportava pomodori ciliegini provenienti dalla Tunisia, il cui costo li rende eccessivamente competitivi rispetto ai nostri provenienti da Pachino. I Forconi si contrappongono ai provvedimenti della politica Europea che, sostiene Mariano Ferro, «appoggiata dagli europarlamentari del nostro pd», avrebbero «azzoppato la nostra agricoltura».

Uno dei fattori che hanno fatto traboccare il vaso, facendo scoppiare il malcontento dei nostri conterranei, è stato l’accordo con il Marocco, che ha dimezzato i dazi doganali per le arance, causando un forte danno per quelle siciliane.

Spiegando le ragioni del loro agire, Mariano Ferro ha detto «O così o la categoria degli agricoltori rischia di estinguersi stritolata dalle economie dei paesi emergenti –e poi ha aggiunto– Scelga il Governo italiano se difendere pochi potenti industriali o qualche milione di agricoltori onesti che, per esempio, in questo momento a Latina vendono nelle campagne le angurie al prezzo di due/tre centesimi al chilo grazie agli enormi quantitativi sul mercato provenienti dall’estero».

L’obiettivo di questi movimenti è quello di ottenere una risposta concreta dal nostro Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi. E’ possibile salvare ciò che rimane del Made in Italy? In conclusione Ferro ha detto: «Sappia, Renzi, che non abbiamo bisogno di svendere la nostra agricoltura a qualcuno, come per l’Alitalia o la Telecom: l’abbiamo già delegata a gratis ai nord-africani ed a tutto il resto del mondo».