“L’amica geniale” di Elena Ferrante: recensione

“L’amica geniale” di Elena Ferrante: recensione

ITALIA – È diventata una serie televisiva l’opera magna di Elena Ferrante. Dal 2018 sono state registrate tre stagioni – se ne prevede una quarta- per un totale di 18 episodi con la talentuosa attrice Alba Rohrwacher nel ruolo della protagonista Elena Greco, per la regia di Saverio Costanzo.

Il successo del romanzo “Lamica geniale” non ha conosciuto rivali nelle pubblicazioni degli ultimi anni, un applauso corale ha incoronato i quattro volumi nell’Olimpo delle opere meritevoli della sceneggiatura di un film.

La Napoli degli anni50 ospita il primo dei quattro romanzi raccontato dalla voce narrante di Elena Greco, detta Lenù, e di Raffaella, Lila per pochi, anzi soltanto per Elena, sua amica fin dalla più tenera età. Le due bambine crescono in un quartiere difficile dove subire è legge non scritta da soldati del vivere invano. La povertà regna sovrana sbranando i sogni nel disincanto delle notti senza uno spicchio di luna.

Lamica genialeLenù, vive con il suo credo di chinarsi sulle insufficienze esistenziali che, con enormi difficoltà, riusciranno a recuperare l’ago di una bilancia inclinato nella debolezza di un rapporto d’amicizia troppo disponibile a vacillare.

Dietro lo specchio di una comunione di intenti si nasconde il gioco meschino di due amiche in competizione l’una con l’altra. La bellezza e l’intelligenza di Lila provocano un profondo malumore in Lenù emotivamente disturbata mentre, tra paure e insicurezze, sta disegnando il suo futuro. L’inadeguatezza ruota attorno alle due ormai giovani donne in cammino a passi tutt’altro che paralleli, distanze di orgoglio e veleno morale insistono nel voler separare due destini con una culla in comune.

Mai fidarsi del piano subdolo del cambiamento, quasi fosse il salto di un felino deciso a graffiare la preda più sensibile, quindi facile da lacerare in un unico morso.

La storia di un’amicizia nata sotto il sole di Napoli cresce all’ombra di desideri di rivalsa, muniti di propositi minacciosi dell’eclissi totale del rapporto. Esiste anche l’operosa volontà di creare la struttura di un nuovo futuro diverso dal destino segnato, basterà disfare l’anima ossessionata dalla competizione.

Chiudere la valigia del possibile al primo stop vale a dire uscire di casa quando il sole è già alto. Il ritardo non giustifica le mani alzate all’arresa. Una Lenù dipendente dall’autentica “amica geniale”, fa di lei il segno particolare di una creatura esibita in società sul podio d’argento. Oro non le spetta perché oro non pretende, accoglie in silenzio anziché urlare a perdifiato la sorte di essere meteora di se stessa.

Dentro il tunnel dei decenni lo spirito delle due donne fatica ad incontrarsi, e se lo fa il merito non appartiene a nessuna delle due, bensì alla necessità di sopravvivere nel ghetto di quello scarto di mondo.

Allontanarsi mai perché sarebbe vile fuggire dalla porzione di asfalto avuta in dote da un cielo maldestro, vince il progetto di curare con la rabbia il suolo ferito.

Ad imitazione di un trattato di psicologia emergono scosse delle personalità sotto il microscopio della scrittrice, è però l’aperitivo di un dopo ancora in fase di stampa, così l’adrenalina è costretta ad aspettare insieme alle pagine bianche. Non sarebbe bastato un solo volume, sarebbe un dramma vivere dentro lo stesso inverno lungo un anno, servono fiumi di inchiostro per sbrogliare la matassa delle stagioni della giovinezza in gara con se stessa.

Quando si è al mondo da poco è difficile capire quali sono i disastri allorigine del nostro sentimento del disastro, forse non se ne sente nemmeno la necessità. I grandi, in attesa di domani, si muovono in un presente dietro al quale cè ieri o l’altro ieri o al massimo la settimana scorsa: al resto non vogliono pensare. I piccoli non sanno il significato di ieri, dellaltro ieri, e nemmeno di domani, tutto è questo, ora“.

La voce narrante si rivela premura di carezza efficace a non far perdere lo sguardo nelle vie traverse della storia: l’amica geniale sopraffatta dal suo ego indomabile.

Non può che stupire la considerazione del lettore giunto pensoso alla fermata della quarta di copertina: quello che ha appena chiuso è solo un fotogramma nel libro febbrile della vita, ahimé, soggetta agli sbalzi d’umore dei suoi cromosomi.