Il distacco fra i cittadini e la politica, le cause alla base della crisi democratica contemporanea

Il distacco fra i cittadini e la politica, le cause alla base della crisi democratica contemporanea

ITALIA – Principi fondamentali che stanno alla base delle democrazie sono libertà e uguaglianza, che possono essere manifestati attraverso la partecipazione politica e con il voto. Ma il numero delle persone che partecipa alla vita politica è in continua diminuzione.

L’astensionismo è diventato un’abitudine, i cittadini sono più distanti dalla politica e ciò è dimostrato anche dalle statistiche Istat, infatti, nel giugno del 2020 è stato pubblicato un report sul sito ufficiale dell’Istituto, in cui è stata analizzata la partecipazione politica in Italia nell’anno 2019.

Dal report sopra citato è emerso che:

      • La quota di persone di 14 anni e più che non si informa di politica, soprattutto per disinteresse corrisponde al 64,9% e per sfiducia nel sistema politico il 25,5%;
      • le persone di 14 anni e più che non parlano, non si informano e non partecipano direttamente alla vita politica sono 12 milioni;
      • la quota di chi si informa di politica attraverso Internet è 42,2% e tra gli under 35 un quarto utilizza esclusivamente i social network.

La partecipazione politica è un fenomeno multidimensionale che si esprime sia a livello istituzionale che non, e dipende da svariate condizioni che possono essere visibili e invisibili. Dal punto di vista sociologico è possibile spiegare la riduzione della partecipazione attraverso l’analisi del fenomeno della globalizzazione.

La globalizzazione è caratterizzata dall’intensificazione delle relazioni sociali mondiali che collegano tra loro località molto lontane. È stata possibile anche grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, che permettono di conoscere eventi che si verificano a migliaia di chilometri di distanza, influenzando realtà molto lontane.

Tale fenomeno ha interessato anche l’economia, infatti, è possibile parlare di globalizzazione economica intendendo l’espansione dell’economia di mercato a livello globale e l’aumento degli scambi economici internazionali. La crescita degli scambi comporta l’affermazione di relazioni di potere mondiali nuove.

Attualmente un ruolo centrale è rivestito dalle multinazionali, che producono un utile di gran lunga superiore al Prodotto Interno Lordo dei singoli Stati. Questo fa si, che le multinazionali detengono il potere economico, in quanto possono scegliere come e dove investire il capitale.

Tendono, infatti, a spostarsi dove il lavoro ha un costo minore, c’è una minore tutela dei diritti dei lavoratori e una minore attenzione per l’inquinamento ambientale. Questo comporta che gli Stati devono adattarsi alle condizioni “imposte” dalle multinazionali per creare posti di lavoro all’interno del paese, che li spinge ad una corsa al “ribasso“.

A venire meno è sovranità esclusiva sul proprio territorio degli Stati, perché c’è uno “sfasamento” tra dimensione economica e politica. Il singolo Stato non è in grado di rispondere a tutte le necessità economiche del territorio, dato che non detiene il potere economico più forte.

Diversamente avveniva prima della globalizzazione, in cui dimensione economica e politica combaciavano. Lo Stato-nazione non è più l’unico attore della politica internazionale, data la presenza delle multinazionali e dei centri di finanza globale.

Questo comporta che lo Stato non è in grado di tutelare i cittadini sotto molti punti di vista, in quanto i problemi che si verificano all’interno delle singole nazioni sono collegati a fenomeni di interesse globale. Non è possibile trovare soluzioni locali per problemi globali.

Data la scarsa risposta delle Nazioni alle esigenze del territorio, a causa di problemi che sono collegati ad una realtà globale, i cittadini perdono fiducia nella politica e decidono di non partecipare, come è emerso dal report dell’Istat. In quanto, credono che il loro voto o la loro partecipazione non farà la differenza.