La scuola diventa “Comedy Central”: inglese e buon umore alla “Federico De Roberto” di Catania per il recupero della socialità

La scuola diventa “Comedy Central”: inglese e buon umore alla “Federico De Roberto” di Catania per il recupero della socialità

CATANIA – Lezioni di inglese con la scuola che si è trasformata in un “set” e un laboratorio di barzellette: è quanto accaduto all’Istituto Comprensivo “Federico de Roberto” di Catania.

A lanciarsi nel mondo dell’ humour anglosassone sedici ragazzi delle classi seconde della scuola secondaria di primo grado i quali, a conclusione del modulo PON dal titolo “English: your ticket to explore the world”, si sono esibiti interpretando divertenti barzellette dall’inconfondibile “British humour”. Il modulo, che rientra nell’ambito “Apprendimento e socialità”, si inserisce nella folta offerta formativa di istituto che, sotto l’attenta e metodica Dirigenza della professoressa Antonella Maccarrone, ha saputo rispondere con solerzia alla sollecitazione ministeriale di implementare progetti extra curriculari per il recupero della socialità perduta dai ragazzi durante i mesi di isolamento pandemico.

Il progetto PON è iniziato in piena situazione emergenziale il 7 dicembre scorso e, nonostante alcune rimodulazioni che la situazione epidemiologica ha imposto, si è concluso il 29 marzo.

Condotto dall’esperto esterno madrelingua prof. Anthony Herrold e dalla tutor interna prof.ssa Paola Testai, il progetto ha subito catalizzato le aspettative degli studenti, proprio perché nato dal loro bisogno di un’espressione diversa da quella puramente curricolare che potesse veicolare la competenza in lingua straniera in maniera ludica e spensierata. Il prof. Herrold, coadiuvato dalla collega, ha adottato un approccio innovativo che ha saputo valorizzare i diversi stili di apprendimento e stimolare lo spirito d’iniziativa dei ragazzi. Dal punto di vista prettamente didattico, il docente ha portato avanti un apprendimento naturale che ha privilegiato l’ascolto e la produzione orale. Per far entrare i ragazzi in sintonia con la lingua, i ritmi e le intonazioni, ma anche per fissare il lessico, si è partiti con le tecniche del repetition drill e del guessing game, (quest’ultimo col supporto delle  flashcards e di specifici programmi didattici on-line).

Così, attraverso la ripetizione orale e l’assimilazione gli studenti hanno memorizzato le strutture grammaticali e migliorato le loro abilità di listening e speaking; questo approccio teorico è stato costantemente affiancato da momenti ludici e attivi come balli, mimi, giochi di movimento, corredati da specifiche istruzioni orali.

Arricchiti dal loro bagaglio di competenze lessicali e grammaticali, i ragazzi hanno cominciato a lavorare all’allestimento di un piccolo festival amatoriale per studenti: con la guida dei docenti hanno inventato, in alcuni casi, o semplicemente tradotto in altri, alcune barzellette, attività che ha permesso loro di catturare l’anima della lingua parlata e le sue sfumature. Infine si sono lanciati dentro la loro “stand-up comedy”: con lo sfondo di una scenografia rigorosamente handmade e nel rispetto di tutte le norme di sicurezza legate al Covid-19, i ragazzi hanno sfilato uno dopo l’altro con i loro jokes, suscitando l’ilarità di compagni e insegnanti.

Il progetto Pon d’inglese è stato una straordinaria opportunità di crescita umana e formativa per i ragazzi: all’inizio rigidi e impacciati, hanno imparato ad assumere il punto di vista di una cultura diversa, a ridere delle loro paure, hanno capito quanto sia importante “buttarsi” nell’apprendimento della lingua straniera, operazione quanto mai impossibile da realizzare senza commettere errori. Grazie poi al potere dei mezzi informatici di diffusione la comicità e le risate hanno raggiunto anche le famiglie degli studenti che hanno potuto visionare le performance dei loro figli.

L’apprendimento dell’inglese, oggi sempre di più il necessario “ticket to explore the world”, come recita il nostro logo quest’anno, è stata una divertente e spensierata occasione per colmare, almeno in parte, quel vuoto che la DAD ha lasciato in ognuno di noi, alunno o docente che sia.

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