“Ogni storia è una storia d’amore” di Alessandro D’Avenia

“Ogni storia è una storia d’amore” di Alessandro D’Avenia

Una matrioska di storie d’amore con l’assoluta certezza che nessuna è più coinvolgente dell’altra, né per la natura dei sentimenti, né per forza di struggente passione.

Il Professore Alessandro D’Avenia sale sulla cattedra e in qualità di scrittore redige una lista di amori legati alla memoria del filo rosso adoperato per slegare la trama. Trentasei donne rispondono all’amore: ora fiaba, ora sventura, per tutto il tempo che l’amore vuole. Moltiplica e sottrae, sigilla e divide, amante nella notte, nemico alle prime luci dell’alba.

Fonte segreta di una storia d’amore è quasi sempre una lettera firmata da mano tremula sotto la fiamma di una candela testimone fedele. Promesse e giuramenti onorano e sfregiano le righe profumate da amori eterni, perché la mortalità del respiro fremente sotto il decoro di caste sottane alimenta l’urgenza dell’idillio impuro. Nessuno, mai nessuno dovrà sapere del battito esclusivo di un nome.

Suscita una tenerezza commossa la storia d’amore tra Fanny Brawne e il poeta inglese John Keats, i due mai amanti vissero di parole e rimandarono i baci al giorno senza sera ma piegato su righe impazzite di versi.
Il sogno ardito di Giacomo Leopardi per Fanny Torgioni Tozzetti genera un vento anomalo nel cuore del poeta. Con lei recupera le fantasie messe a tacere dai sospiri evaporati al vento: “Io non ho bisogno di stima, né di gloria, né d’altre cose simile, ma ho bisogno d’amore”. Quando Fanny, nobildonna creatura di “angelica beltade” lo abbandona al suo delirio d’infelicità, Giacomo torna alle sue mani vuote e rassegnate “al piacere vano delle illusioni”.

Un amore già da giovane certo del suo tempo eterno fu quello tra Anja e Fedor Dostoevskij, lo scrittore russo oberato di debiti, dedito all’alcool e al gioco d’azzardo trova nella sua stenografa la soluzione al male di vivere. Sarà un amore che dovrà sostenere il peso dell’enorme differenza d’età, ma vigoroso e struggente fino al sigillo del capitolo vita.

Non si trattava solo di debolezza di volontà, ma di una passione che inghiottiva totalmente la persona, di qualcosa di primordiale… Bisognava rassegnarsi, come a una malattia alla quale non c’è rimedio“.

Impera il mito di Euridice e Orfeo convocato per indicare la direzione giusta ai disperati che verranno dopo, proteggerli e dirigerli nell’unicum riservato alle divinità dell’amore. Il dolore sembra essere l’elemento primario onorato di aprire le porte alla felicità. Solo chi, come Orfeo, fugge da ogni esitazione pur di attraversare con coraggio il suo inferno, ritroverà il senno perduto nella visione del raggio di sole che tutto infiamma.

L’amore è scampare alla morte come un naufrago e aggrapparsi al perimetro di un abbraccio, riconoscere il dolore dell’altro e farlo diventare anche il proprio. In questo continuo perdono della mortalità, dell’insufficienza, del limite altrui, l’amore dà scacco al tempo, e quindi alla morte“.

L’amore cura chi vuol essere curato. Dal suo destino amaro niente potrà salvarlo, scenderà a picco nella fitta trama di filo rosso ma spinato e morirà roso di rabbia e disperazione. L’amore salva chi l’amore ha salvato da soldato fiero di correre tra le braccia di una lettera intinta col sangue. È guerra l’amore, sfida da combattere con la divisa pronta a sfuggire alla mira dei dannati.

Il mito insegna l’abilità della perseveranza istruita a non voltarsi indietro durante la spedizione guidata dal Caronte di turno.

Ogni storia d’amore è una vittoria sulla morte“.

Del mito greco Alessandro D’Avenia ne fa il direttore d’orchestra di ogni proselito dell’ars amatoria. Ancora Ovidio ispira le dieci soste (una ogni tre capitoli) in cui lo scrittore sospende il suo lavoro per dare voce al linguaggio aulico della filosofia sui dolori e le felicità dai mille volti di una sola Euridice.

Quanto sarà bellezza l’amore nato dal dolore? Sarà la Pasqua emersa dalle lacrime della croce. Sarà bellezza di un coro a due voci dai sibillini acuti somiglianti al canto degli angeli.

L’amore è un matrimonio privato tra un uomo e un sentimento prima ancora che l’unione di due anime affini. Spostarlo in direzione di un sorriso può rivelarsi giorno di vittoria o notte logorata dal fallimento, chi ha incontrato un’ora in un minuto conosce la pericolosità del sussulto.

Non tutti gli amori diventano storia, affinché questo accada è necessario mitigare la mente incontrollata dall’eccesso così da permettere al sordo di ascoltare il valzer dei sensi. Uscire da se stessi per essere dono puro da offrire all’altro in uno scambio di forze e fragilità da maturare e abbattere insieme: qui approda sicura la salvezza di due note parallele sopra un pentagramma intimo e chiuso a chiave.

Siamo pochi, siamo mortali inchiodati a questa terra sentinella severa dei nostri passi. Troppo pochi per terminare il viaggio con le scarpe estranee all’unico metro che conta: amare ed essere amati.

Che l’amore possa salvare non è un mistero, il mistero è perché respingiamo la salvezza, gettandoci nelle spire del disamore”.

Summa poetica o analisi filosofica? Versi come bulbi impazienti di primavera si incontrano ad ogni angolo di pagina, troneggiano da un capoverso grato del dono. Risulta chiaro l’obiettivo di analizzare le vibrazioni del cuore al fine di mantenere alta la fiamma del bene supremo, trenta storie figlie di altre trecento che rimangono fuori la quarta di copertina, tutte profondamente incensate per non svegliarsi cenere.