Caos scuole, il j’accuse del sindaco di Ragusa Peppe Cassì ai suoi colleghi: “Cercate solo consenso”

Caos scuole, il j’accuse del sindaco di Ragusa Peppe Cassì ai suoi colleghi: “Cercate solo consenso”

RAGUSA – Continua la diatriba tra Governo e Comuni, in uno scontro vis à vis che non lascia spazio a passi falsi: negli ultimi giorni sono stati diversi gli interventi che il Tar ha dovuto attuare per annullare le ordinanze dei sindaci che chiedevano e proponevano la didattica a distanza nelle scuole.

Come un continuo deja-veux, il caso si è già verificato a Messina, Palermo, Agrigento. Mentre il parere dei primi cittadini vede  la chiusura come unica via per uscire dal gravissimo picco di contagi, il Governo centrale e lo stesso Governatore Siciliano (se vogliamo vederla da un punto di vista “microscopico”) sono saldi su una e una sola idea: si torna a scuola.

Sul caso, con una lettera che riporteremo integralmente, è intervenuto Peppe Cassì, sindaco di Ragusa.

Le dichiarazioni di Peppe Cassì

Vige un principio, nelle dinamiche amministrative di uno Stato democratico, che soprattutto in tempo di emergenza deve prevalere su ogni altro: l’uniformità della regolamentazione, possibile solo con il rispetto delle gerarchie di leggi e regolamenti. Le norme, infatti, non hanno tutte lo stesso peso: ce ne sono alcune che prevalgono su altre, a garanzia proprio del mantenimento di un ordine sociale imprescindibile e univoco. La legge dello Stato deve adeguarsi alle norme fondamentali della Costituzione, ma a sua volta prevale sulle ordinanze amministrative di governatori regionali e sindaci. 

Molti, troppi sindaci in Sicilia hanno però scelto di emanare ordinanza di chiusura delle scuole, pur in presenza di una chiara disposizione di legge di senso contrario. A ripristinare l’ordine ci hanno dovuto così pensare i Tar regionali, con provvedimenti giudiziari scontati e ineccepibili. 

La legge è chiara e prevede che i sindaci possano intervenire con proprie ordinanze solo in zona rossa, in presenza di situazioni specifiche ed eccezionali, e solo previo parere dell’Asp territoriale. Tutto il resto è speculazione

Il Governo ha inteso privilegiare la didattica in presenza pur con il rischio di aumento dei contagi che ciò avrebbe comportato. Gli enti locali devono adeguarsi a questa scelta, anche se non la condividono (io l’ho condivisa da subito) e anche se ricevono pressioni dal territorio di riferimento: inseguire il consenso, in questi casi più che in altri, può essere deleterio. 

Il quadro normativo è chiaro e inequivocabile, lo è sempre stato, eppure all’interno dell’Anci Sicilia è risultata prevalente una idea diversa, per certi versi persino eversiva: libertà per i sindaci di intervenire con ordinanze sulla chiusura delle scuole e caos totale per i cittadini disorientati di fronte a interventi impropri e stroncati, in quanto illegittimi, appena poche ore dopo la loro emanazione. Un grave infortunio che ha contribuito a lasciare migliaia di famiglie fino all’ultimo nell’incertezza sul rientro in classe, che non si è curata della pericolosa anomalia che comunità limitrofe hanno dovuto sottostare a regole diverse, che ha di fatto favorito la formazione di una classifica tra sindaci buoni, bravi e coraggiosi e altri cattivi e timorosi di contraddire l’ordine costituito, il quale però è fatto di leggi e gerarchie cui a maggior ragione i rappresentanti delle Istituzioni devono sottostare. L’azione dei sindaci ha accresciuto la confusione in una situazione generale già parecchio caotica. E non mi si dica che si è pensato e dato la prevalenza alla salute dei ragazzi: non mi risultano ordinanze sindacali per limitare gli assembramenti durante le vacanze di Natale, quando, a scuole chiuse, il virus ha avuto libertà di circolazione come non mai. 

Perché dunque chiudere le scuole e non tutto il resto? Qual è la logica? Non sarà che chiudere le scuole è una scelta che genera facili apprezzamenti e consensi? Come mai in tutta Italia ci si è adeguati alle norme del Governo e in Sicilia abbiamo avuto bisogno dei Tar

Ci sono qui più che altrove carenze nelle procedure di tracciamento e di prevenzione, mancano le mascherine ffp2, manca un aggiornamento dei dati più aderente alla realtà? Allora sollecitiamo interventi, suggeriamo soluzioni, ma per favore non disapplichiamo la legge, proprio noi che dobbiamo dare l’esempio nel rispettarla e farla rispettare. 

In tutta Italia le scuole sono aperte da 10 giorni: dati ed esperti concordano nell’affermare che non per questo la situazione epidemiologica sia peggiorata. Un dato scientifico che stride contro ogni decisione presa di pancia, sulla scorta degli umori delle chat e dei social network.

Da sindaco di un Comune capoluogo avverto quindi la necessità di manifestare forte l’appello affinché l’Anci Sicilia, preziosissimo strumento di confronto, di consulenza e di indirizzo, riacquisti il proprio equilibrio e ritrovi ragionevolezza. In queste ore, infatti, leggo soddisfazione da parte di molti miei colleghi perché numerosi comuni siciliani sono passati in zona arancione, come a volersi attribuire un merito nell’aggiornamento dei dati. Di nuovo non può trovarmi concorde un tale atteggiamento.

L’Anci, le Istituzioni scolastiche, i governatori, i sindaci, le Asp lavorino là dove sono chiamati a intervenire, ciascuno secondo le proprie specifiche competenze, collaborino provando ad immaginare in che modo migliorare la propria efficienza, prima di additare le inefficienze altrui.

Immagine di repertorio