“In nome della madre” di Erri De Luca

“In nome della madre” di Erri De Luca

In un romanzo breve Erri De Luca presenta Miriàm/Maria, una giovane ragazza ebrea, donna per dono di Dio. Il momento dell’Annunciazione è contenuto nella prima stanza, una delle quattro in cui è suddiviso il santo e umano cammino. Miriàm riceve da “un colpo d’aria, una polvere celeste” l’Annuncio che sta per diventare madre.

Shalom Miriàm” l’angelo sconosciuto sospende all’improvviso il tempo della giovane. Nascerà da lei il figlio di Dio venuto a salvare il mondo. Miriàm è però sposa promessa, Iosef, l’uomo che diventerà suo marito, si rifiuta di consegnarla al popolo affinché proceda alla lapidazione. È questo che dice la legge. Spetterà a lui, sposo tradito, la brutale precedenza di scagliarle addosso il primo sasso.

La verità confessata di Miriàm costringe Iosef a inventare un progetto di menzogne per salvarla dalla morte, crederle è un atto d’amore, la fiducia nella sua verità è un dono che sigilla i sentimenti di Miriàm per il suo sposo.

La seconda stanza accoglie il tempo della gestazione. La condizione di Miriàm offre scandalo al popolo dell’intero villaggio: le nozze fissate da tempo verranno celebrate a fine estate sotto una tenda. Il matrimonio è disertato dagli invitati, il villaggio è ferito dall’offesa morale che ha generato tanta vergogna. I due sposi trascorrono la prima notte mano nella mano, Iosef è un uomo saggio, obbedisce alla volontà della sua coscienza che gli suggerisce di aspettare la nascita prima di unirsi a lei.

Miriàm, sai cos’è la grazia? Non è un’andatura attraente, non è il portamento elevato di certe nostre donne bene in mostra. È la forza sovrumana di affrontare il mondo da soli senza sforzo, sfidarlo a duello tutto intero senza neanche spettinarsi. Non è femminile, è dote di profeti. È un dono e tu l’hai avuto. Chi lo possiede è affrancato da ogni timore. L’ho visto su di te la sera dell’incontro e da allora l’hai addosso. Tu sei piena di grazia. Intorno a te c’è una barriera di grazia, una fortezza. Tu la spargi, Miriàm: pure su di me“.

Iosef è costretto a subire sguardi severi, a ogni passo è oggetto di derisione, viene insultato e schernito, allontanato con disgusto dalla folla. Miriàm non se ne cura, ma Iosef dovrà cercare un lavoro che lo tenga al riparo da ogni contatto esterno. Lapidato dalle parole Iosef viene quotidianamente insultato per aver preso Miriàm come moglie. Una donna vergine. E incinta.

Quando i Romani obbligano il censimento la notizia è fonte di liberazione per Miriàm e Iosef. Andranno lontano, a Betlemme, li accompagnerà una stella cometa da poco tempo apparsa sulle colline di Nazaret. Presagio di buona sorte o di sventure? La terza stanza assiste il lungo pellegrinare verso Betlemme. Il viaggio è un ripetuto incontro con viandanti, uomini e donne s’intrattengono a parlare sulle ragioni del censimento indetto dai Romani.

È sgradito al Dio di Israele che ha voluto il nostro popolo numeroso come le stelle della notte e come la sabbia del mare“. Lo chiameremo “Ieshu, figlio di Miriàm e Iosef” dice Iosef alla sua sposa. Una notte un angelo mi venne in sogno e mi consegnò il nome del figlio nato orfano di un seme.

Arrivati a Betlemme vengono accolti da una coperta di neve, li accompagnerà nella notte in terra straniera, non c’è alloggio che dia loro sembianza di un calore di casa, l’unico riparo è un tetto di cielo offerto a tutti gli uomini, ciascuno di loro perduto nella sua notte. La luce della stella cometa attraversa il cielo d’Israele, fa da guida ai passi incerti di ogni uomo disorientato, è direzione disegnata da Dio per non disperdere i suoi figli.

La quarta e ultima stanza si completa con una suggestiva cornice che raffigura la nascita di Ieshu e la rappresentazione dell’illuminato evento. Nell’oscurità di un’angusta capanna, Miriàm dà alla luce suo figlio. È un maschio. “Tu sei pasta cresciuta in me senza lievito d’uomo“.

Iosef è un uomo e come tale la legge del tempo gli impone di non poter assistere alla nascita, così aspetta paziente davanti alla porta. Miriàm è costretta a fare tutto da sola, a sostenerla sarà la forza di una nuova madre che sta per nascere insieme al figlio.

“In nome della madre” è testimone a distanza di una giovane ragazza di Galilea che ha vissuto le ansie e le paure in nome di tutte le madri. La forza umana di Miriàm è la sacralità di Maria, la maternità è il miracolo dell’Amore, Erri De Luca ritrae il volto dei pensieri che affollano il tempo dell’attesa. Miriàm sa di essere solo uno scrigno prezioso del figlio come Maria lo è del Signore. Madre che prepara alla luce un figlio, Madre che consegna al mondo il Salvatore.

Il romanzo non è per mani di fedeli soltanto, è cassaforte dell’amore materno, dettagli e particolari della forza di una madre in attesa di diventarlo. Erri De Luca consegna la penna a Miriàm perché possa scrivere in prima persona il travaglio interiore che muove il suo grembo custode di una nuova vita. Chi meglio di una madre può firmare le felicità e i turbamenti che precedono l’annuncio del suo dono al mondo?

Una scrupolosa analisi della psicologia femminile è al centro del ritratto di due donne, Miriàm e Maria, la cornice è rifinita con un marcato simbolismo che accompagna l’attesa tra parole e silenzi per tutto il viaggio verso la LUCE. L’annuncio è poesia, una tela ricca di sfumature è la dolcezza dell’attesa.

La magia della tenerezza si spande con la forza che solo una risoluta volontà è capace di avere. In un tempo in cui la donna era materia senza valore, la sapienza dello scrittore provvede con il suo dono di pagine a omaggiarla della dignità che merita. Miriàm faro della vita, Maria madre benedetta tra tutte le donne, Maria principio dell’Immenso.

Credits: Pinterest